L’alimentazione nello sport: fidati di Robi

L’alimentazione nello sport gioca un ruolo determinante. Quante volte spingendo watt sentite di non essere al 100%. In molti casi questo problema è causato da una sbagliata alimentazione. Ecco i consigli di Roberta Sabadin, laureanda in dietistica presso L’Università degli Studi di Padova.

Le indicazioni dietetiche per lo sportivo devono essere formulate sulla base dei Livelli di Assunzione di Riferimento di Nutrienti (LARN) e sulle linee guida per la sana alimentazione. Rispetto ad una dieta indirizzata ad un individuo non sportivo, quello che principalmente cambia in uno sportivo sono le calorie, non necessariamente maggiori, ma soprattutto quelle derivanti dai carboidrati. Infatti, ciò che utilizza maggiormente a livello energetico l’organismo di uno sportivo sono i carboidrati: un’alimentazione povera in carboidrati riduce notevolmente la performance a livello di intensità, resistenza e fatica anticipata. E’ necessario dunque che l’alimentazione sia basata su una sana regola di base (carboidrati, proteine, grassi in dose controllata, verdura, frutta) e variata; tarata sui fabbisogni calcolati o misurati: adeguare un apporto calorico, pena “triade dell’atleta” (disfunzione mestruale, disturbo del comportamento alimentare, bassa densità ossea), rischio affaticamenti, lesioni e difficoltà di recupero.
Le tanto “conclamate” diete iperproteiche, così in voga per la loro caratteristica di essere ipocaloriche, risultano portare ad una perdita di peso iniziale attribuibile alla disidratazione che successivamente porta all’inibizione della sintesi proteica post esercizio e all’aumentato rischio di osteoporosi. A lungo termine risultano associate ad un “aumento del peso corporeo e del rischio totale di morte” (Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione Clinica): correlano, infatti, con l’aumento del rischio cardiovascolare e di tumori essendo diete iperlipidiche. Non sono diete sicure, in quanto, favoriscono la chetosi e la successiva insulino-resistenza; non riducono l’appetito e, se predisposti, portano all’insorgenza di un Disturbo del Comportamento Alimentare (DCA) oltre al fatto di causare ipertensione nel lungo periodo e ipotensione nel breve. Altro fattore che sembra aumentare il rischio di sviluppare un DCA in persone predisposte è l’uso di diete che prescrivono di evitare determinati alimenti sulla base di “presunte” intolleranze alimentari: infatti, le diete che richiedono l’eliminazione di molti alimenti sembrano essere un fattore di rischio e di mantenimento delle abbuffate. Gli unici test riconosciuti dalla comunità scientifica sono quelli che riguardano l’intolleranza al lattosio; fruttosio e/o sorbitolo e al glutine. Non risulta dunque salutare ad esempio seguire una dieta per celiaci se non lo si è realmente: i rischi nutrizionali correlati a questo riguardano squilibri nutrizionali degli alimenti; probabile aumento dell’indice glicemico più alto; scarsità di fibre; più grassi spesso saturi; spesso più additivi e alimenti non appetibili; costi maggiori. Il modo migliore per determinare un tipo di intolleranza è essere valutati e diagnosticati da un gastroenterologo e lavorare con un tecnico dietista per seguire una dieta di eliminazione (American College of Sports Medicine).

La dieta fisiologica prevede un 55-60% di carboidrati, ma anche fino al 65% in atleti di sport da resistenza. Tanto denigrati tra gli sportivi, i carboidrati risultano essere la fonte principale di energia di cui uno sportivo di qualsiasi attività necessita, tanto che una dieta insufficiente o povera in carboidrati produce un decadimento delle prestazioni e non permette il risparmio delle proteine dall’ossidazione, risultando oltremodo poco efficace dal punto di vista del metabolismo dei grassi.
L’assunzione di proteine o amminoacidi in prossimità dell’attività di resistenza o forza può migliorare il mantenimento della massa muscolare, senza però avere effetti positivi sulla prestazione fisica: in ogni caso, risulta essere malsano assumere più di 2g/kg/die di proteine in quanto non esiste una riserva di proteine nel corpo e il sovraccarico a livello renale sarebbe inevitabile.
La percentuale lipidica ideale è del 25-30% rispetto alla quota calorica totale: recenti studi hanno dimostrato che, negli atleti, gli omega 3 contribuiscono a ridurre l’infiammazione derivante dall’attività fisica e a facilitare il trasporto di ossigeno ai tessuti.
Il fabbisogno di vitamine e sali minerali si ottiene con una dieta variata e sufficiente dal punto di vista calorico; a rischio risultano essere gli atleti che restringono l’apporto calorico, in perdita di peso o che escludono interi gruppi alimentari (es. latticini, carni, frutta e verdura). La più frequente carenza di minerali è quella che interessa il ferro, soprattutto nelle atlete, il cui fabbisogno è aumentato del 30-70% in relazione alle perdite di sudore, alla rottura dei globuli rossi, all’aumentata emolisi e alle lesioni muscolari.

IDRATAZIONE
Con il 2-3% di disidratazione la performance perde di qualità e viene compromesso anche il funzionamento cognitivo. Per evitare crampi e fatica muscolare, è fondamentale che un atleta sia costantemente idratato:
prima: 500ml di acqua almeno 2 ore prima per ottimizzare lo stato di idratazione;
durante: 150-200ml ogni 20 minuti di attività, di bevande contenenti 6-8% di carboidrati (non più dell’8% per evitare disturbi gastrointestinali durante la prestazione) ed elettroliti nelle giuste dosi (0,5-0,7g di sodio/L) sono raccomandati dopo la prima ora di attività di resistenza, soprattutto se questa si svolge al mattino (ciò è legato all’impoverimento delle riserve di glicogeno durante la notte);
dopo: 450-675ml ogni mezzo kg perso, da associare a bevande e snack adeguati.
Per attività svolte in climi freddi e in altitudini elevate, come è il caso dello sci, bisogna porre particolare attenzione all’idratazione in relazione all’aumentata perdita di liquidi con la respirazione e per la diuresi obbligata: necessità per l’adulto di 3-4L/die.

NUTRIZIONE PREESERCIZIO
Il pasto o lo spuntino devono essere poveri in grassi e fibre per facilitare lo svuotamento gastrico: deve essere composto perlopiù da carboidrati e una piccola quota proteica. Dunque, in prossimità dell’esercizio è necessario ci siano piccoli snack (razione d’attesa 30-60 minuti prima, principalmente carboidrati). In preparazione di allenamenti intensi e gare, 200-300g di carboidrati 3-4 ore prima, migliorano le prestazioni: è comunque necessaria la personalizzazione in base agli effetti individuali.

NUTRIZIONE DURANTE L’ESERCIZIO
Obiettivo è ripristinare i liquidi persi e fornire carboidrati (30-60g/h glucosio + fruttosio + maltodestrine) per mantenere i livelli di zucchero e migliorare la performance. In particolare, questo è di fondamentale importanza per gli sport di resistenza dopo la prima ora di attività o in situazioni climatiche estreme o quando l’atleta non ha bevuto/mangiato a sufficienza prima dell’inizio dell’attività. Durante l’attività, un quantitativo di amminoacidi e proteine in rapporto carboidrati/proteine 3-4:1 può favorire le prestazioni di endurance prolungate.

NUTRIZIONE POST ESERCIZIO
A questo punto è necessario ripristinare i fluidi, gli elettroliti, l’energia e i carboidrati per ricostituire le riserve di glicogeno muscolare. Limitate dosi di proteine (10-20g) possono risultare utili per la riparazione dei tessuti muscolari: sport di forza rapporto carboidrati/proteine 2:1; sport misto (es. sci alpino) rapporto carboidrati/proteine 3:1; sport aerobici rapporto carboidrati/proteine 4:1. Le caratteristiche del pasto post esercizio dipendono dalla durata e dall’intensità dell’attività. Per ripristinare le riserve di glicogeno muscolare, risulta efficace assumere carboidrati ad alto indice glicemico entro due ore dalla fine dell’attività (tipo frutta, succhi). Il pasto post gara, dopo almeno un’ora dalla fine della competizione, prevede una dose proteica per favorire l’anabolismo e la riparazione dei tessuti: il latte e le proteine del siero stimolano la sintesi muscolare post-esercizio più delle altre proteine, favorendo oltretutto una composizione corporea più “magra”.
Per gli sport di forza o quando l’obiettivo è la sintesi muscolare (es. body building), assumere 20g di proteine ad alta qualità biologica tipo latte e derivati entro due ore dalla fine dell’attività, per massimizzare l’effetto anabolico dell’esercizio che comunque continua per 24-48 ore dopo un allenamento per la forza o aerobico ad alta intensità.

TIMING PASTI
Il timing dei pasti deve essere regolato in base agli orari di allenamento per lasciare lo stomaco prima dell’inizio dell’attività, evitando disagio e richiamo di sangue, ma non deve essere troppo anticipato per evitare glicemie troppo basse, valutando anche il tipo di carboidrato ideale ossia quello complesso (es. pane, pasta). Per ottimizzare lo stato nutrizionale è necessario che l’alimentazione sia suddivisa in tre pasti principali e 1-3 spuntini.
Allenamento al mattino: la colazione deve essere fatta 2-3 ore prima dell’allenamento (saltare la colazione fa protendere all’aumento di peso negli anni, sviluppare alterazioni metaboliche ed essere meno efficace dal punto di vista cognitivo).
Colazione ideale: carboidrati complessi con fibra (es. pane integrale); proteine magre (es. latte parzialmente scremato); frutta/succhi; grassi insaturi (es. semi di lino).
Allenamento al pomeriggio: il pranzo deve essere consumato 3 ore prima; se passano più di 3 ore dall’inizio dell’attività, è necessario assumere uno snack 1 ora e mezza prima dell’attività.
Allenamento serale: rinforzare la merenda di metà pomeriggio da farsi due ore prima e alleggerire la cena da consumare un’ora dopo l’allenamento.
Gara notturna: cenare 3 ore prima dell’attività fisica.

Per concludere, un atleta sano che consumi un apporto calorico adeguato, utilizzando un’amplia varietà di alimenti, non necessita di particolari supplementi di vitamine e sali minerali: oggigiorno esiste un grande mercato su “prodotti/integratori per sportivi” a scopo di migliorare la performance degli atleti, ma le evidenze scientifiche a riguardo sono minime e talvolta nulle.
Sembra piuttosto che, in individui sani (no cardiopatici, ipertesi), la caffeina assunta dai 30 ai 45 minuti prima dell’attività (3mg/kg), migliori la performance per il suo ruolo stimolante nei confronti del sistema nervoso, nella riduzione della percezione della fatica e nel facilitare la motilità dei grassi. Al tempo stesso, la caffeina associata a bevande energetiche o alcolici/stimolanti/sostanze non regolamentate tipo prodotti erboristici, risulta essere molto pericolosa. Gli effetti collaterali della caffeina possono essere ansia, nervosismo, rapidità battito cardiaco, disturbi gastrointestinali e insonnia; inoltre, individui che bevono molto caffè non beneficiano dell’effetto stimolante quanto le persone non abituate (attenzione: con 9-13 mg/kg il riscontro nelle urine di dosi eccessive/dopanti è probabile).
Per quel che riguarda i supplementi di proteine e amminoacidi, la ricerca dimostra che questo tipo di integratori non risultano essere più efficaci delle proteine provenienti dal cibo, in presenza di apporti calorici adeguati.

Roberta Sabadin
Laureanda in Dietistica
Dipartimento di Medicina
Università degli Studi di Padova
Email: sabadin.rob@gmail.com

Leave a Reply

Your email address will not be published. Required fields are marked *