Il triplete del più forte di sempre. Sagan la dedica a Scarpa

E’ stata un’apnea, una tirata, una giornata da ricordare per molto tempo. Quello che abbiamo visto oggi a Bergen è stato qualcosa di straordinario, perchè a vincere è stato l’uomo più forte di sempre, il messia: Peter Sagan. Probabilmente bisognava vivere una primavera tra sfortuna e corridori che gli corressero contro, bisognava guardare un Tour senza questa icona, mandata a casa e criticato ingiustamente dai colleghi, tra questi anche il nostro Alberto Bettiol che alla fine si è rivelato ultimo uomo di Sagan dopo sette ore. Un Peto rimasto coperto per tutto il giorno, mentre il Wolfpack Julien Vermote era davanti per 200 km a fare il ritmo come accade da inizio stagione. Ai meno 60 Km la corsa si accende, con i gomiti sul manubrio esce Tim Wellens, azzardando l’impresa assieme al nostro De Marchi, Pantano e Boom. Dietro invece Polonia e Francia controllano la corsa, con un immenso Diego Ulissi a stoppare ogni tentativo.

Negli ultimi due giri esplode la corsa, Bettiol fa vedere grandi gambe sulla salita di Salmon Hill, mentre Doumulin dimostra poco coraggio dopo alcune fiammate. Ci pensa così Julian Alaphilippe a spaccare tutto, seguito dal capitano Philippe Gilbert, incapace però di spingere i Watt del francesino con Gianni Moscon ancora lì davanti come è solito fare da aprile. Moscon e Alaphilippe, sembra l’azione giusta ma nel breve tratto in pavè al transalpino si chiude la vena: lascia lì Moscon a 4Km dal traguardo quando era invece necessario collaborare per andare all’arrivo. Paura del trattore della Val di Non in volata? Non lo sapremo mai.

Mentre la regia internazionale si prende qualche Km di ferie, le telecamere fisse non lasciano spazio alla corsa vera, c’è chi parla di fagianata di Postlberger, chi di Kiryenka. L’ultimo Km è il brivido che ogni anno proviamo in questi giorni, i brividi da Mondiale. Bettiol traghetta Trentin, Sagan è già terzo nell’ultima curva, Kristoff parte dall’altra; non si capisce nulla, gli occhi guardano solo uno slovakko trascinarsi il mondo alle spalle. Tripleteeeeee!! Peter Sagan, colui che ha cambiato gli schemi, l’uomo del momento, l’uomo che non fa bikeporn, lo crea, lo sportivo più carismatico al mondo. Andiamo al pagellone:

Peter Sagan: un’annata piena di intoppi al nord, poi la squalifica al Tour. Un camaleonte in grado di puntare a qualsiasi obbiettivo, un culturista sul tetto del mondo, perchè questa eroina è capace di differenziare gli allenamenti come nessun altro. Volata o attacco da lontano non fa differenza, anche oggi ha dimostrato di essere pronto ad ogni eventualità. La dedica a Scarpa nel finale a confermare il suo legame con l’aquila di Filottrano. Ti aspettiamo al Lombardia Peto. Voto:10

Gianni Moscon: un pozzo senza fine, dopo una settimana di fuorisoglia continui, eccolo ancora davanti ad infiammare la corsa. Grande Gianni, riconfermarsi così dopo le grandi attese è indice di grande maturità. A Roubaix stanno già scrivendo il tuo nome nelle docce. Voto:9

Aleksander Kristoff: sarebbe stato un anno nero vedere il norvegese con l’iride addosso. Anche oggi sbaglia il colpo di reni dopo essersi giocato il jolly della vita all’Europeo su Viviani. Voto:8

Michael Matthews: un colpo sul manubrio ridicolo all’arrivo. L’aussie non ha mai vinto una volata in vita sua contro Sagan, non può avere nulla da recriminare. Voto:7

Julian Alaphilippe: quando mena le spalle così è il bikeporn in persona. Per fortuna ci sono ancora gli attaccanti come lui! Voto:7

Matteo Trentin: quando Moscon era al comando ha commesso l’unico errore dell’anno, chiudendo i buchi come chi non ha più nulla da chiedere invece di rimanere coperto. Peccato, con più malizia sarebbe salito sul podio. Voto:6

Michal Kwiatkowski: sembrava di rivivere Ponferrada 2014 quando Beppe Conti glissò : “per chi tira la Polonia?“. Tanta sostanza ma nel finale Kwiato scompare come le immagini internzionali. Voto:5

Fernando Gaviria: lo scorso anno rimase a terra in mezzo al deserto assieme al suo apparecchio dentale, oggi si spegne nel finale. Non è ancora matura per il baby fenoneno colombiano, sopra le 6 ore di gara servono altri motori. Voto:5

Italia: la solita Italia con grandi uomini assisititi da una condizione superlativa a fare la corsa per gli altri. Che peccato vedere Ulissi fare lo stopper con quella gamba, Colbrelli prendere vento senza potersi giocare le sue carte e Bennati imbrigliato in un ruolo che forse in queste corse serve a poco. Su questi percorsi abbiamo toppato, ma ad Innsbruck saremo davanti. Voto:5

 

 

 

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