Peter Fill: niente paura, oggi si vince

Peter Fill Sankt Moritz

16 marzo ultima gara di discesa libera della stagione. Tutti a tifare Peter Fill che “rischia” di vincere la sfera di cristallo in una lotta fratricida con l’acciaccato compagno di squadra (Paris). Tutti con le mani sudate, la secchezza delle fauci e il cuore in gola nell’attesa di vedere Peter lanciarsi, per ultimo, dal cancelletto. Negli uffici il lavoro si ferma, era dai tempi di Tomba che non succedeva una cosa del genere…e questo ci dà la misura delle aspettative che gravavano sul nostro atleta.

Credo che tutti ci siamo chiesti cosa stesse provando, quanti e quali pensieri stavano attraversando la sua mente in quegli interminabili minuti di attesa.
Partire per ultimo con la pressione della gara, della coppa e dell’Italia addosso non era certo una condizione favorevole.
Probabilmente mille emozioni, calcoli e contro-calcoli del tipo “Fill vince se…” rimbalzavano dentro di lui come una pallina nel flipper. Tutti elementi che ha saputo confinare per il tempo della gara in un luogo della sua mente in cui non facessero troppo male. Un luogo in cui è riuscito a tenerli a bada per poi concedersi di esplodere in un pianto liberatorio quando, una volta al traguardo, ha avuto la conferma da parte di tutti che quel decimo posto (di cui da campione quale è non era soddisfatto) gli bastava.
Osservandolo in gara, i suoi movimenti raccontavano tanto. Il comportamento dice sempre molto di come ci sentiamo e con quale tonalità emotiva stiamo affrontando una certa situazione. In Peter traspariva la consapevolezza di sé, di sapere esattamente cosa doveva essere fatto. Trasparivano, certamente, anche le ansie e le paure di buttare al vento tutto quanto, ma erano collocate in una dimensione controllabile. C’erano, ma le si poteva gestire, perché la consapevolezza di possedere le risorse per affrontare al meglio quella condizione erano lì con lui.
Credo che Peter abbia vinto contro quello che poteva essere il suo principale rivale: se stesso. Gli avversari sì c’erano, ma nella posizione in cui si trovava, nel bene e nel male il risultato l’avrebbe potuto decidere solo lui. Ha vinto perché non ha lasciato spazio ai “se” e ai “ma”. Ha vinto perché ha messo in pista la sua maturità. La maturità di saper calibrare lo sforzo e di assumersi la responsabilità di decidere il risultato finale. Avrebbe potuto volere troppo sparando una discesa a tutta, o accontentarsi limitandosi a svolgere il compitino. Ha saputo invece calibrare, spingendo nei primi tratti di gara e tirando il freno sul finale. Questo ci dà la misura di come fosse assolutamente presente, “dentro” la gara. In ogni centimetro di pista ha deciso cosa voleva e poteva fare. Non si è fatto portare, né è andato in confusione per l’eccessiva foga. A volte, è meglio fare piuttosto che pensare ed è ciò che gli ha permesso in questa occasione di concentrarsi unicamente su di sé, dimenticandosi gli avversarsi, i punti e i tempi ma di mettere in scena ciò che gli serviva per andarsi a prendere la sua più grande e meritata soddisfazione.

@valentinapenati

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