Davide Martinelli ha vinto la sua prima corsa World Tour al Giro di Polonia, Filippo Ganna ha devastanto i velodromi di mezzo mondo ed è riuscito ad imporsi nella Parigi-Roubaix dedicata agli under 23, Giulio Ciccone vanta già una vittoria al Giro d’Italia oltre ad altre grandi prestazioni. E poi c’è Gianni Moscon, il faro del nuovo movimento ciclistico italiano. Al suo primo anno fra i professionisti con il Team Sky ha corso come un veterano e ha vinto il Giro di Norvegia con una forza e una facilità non comune. Si dice sempre che non c’e’ ricambio, ma a noi sembra che il futuro del ciclismo italiano sia in buone mani.
Attualmente Nibali e Aru sono i nostri migliori atleti nel panorama internazionale e hanno ancora diversi anni per giocarsi le loro carte nei grandi giri. Per quanto riguarda le corse di un giorno invece il momento non e’ dei migliori, soprattutto se pensiamo alle pietre: Ballan, Pozzato, Paolini, Oss, Marcato e Quinziato sono stati gli unici a fare ottime cose al Nord negli ultimi anni. Ma ci è mancato un vincente, un Boonen, un Van Avermaet, uno che c’è sempre e comunque. In poche parole ci è mancato il fenomeno di turno.
E’ da ormai 4 anni che un italiano non si fa vedere nella top 10 della classica per definizione, la Roubaix: nel 2014 il primo italiano fu Pozzato, 50esimo, nel 2015 Marcato, 22esimo, nel 2016 sempre Marcato, 32esimo. L’ultimo podio fu di Alessandro Ballan, terzo nel 2012 dietro a Boonen e Turgot. Stessa cosa per quanto riguarda la Ronde Van Vlaanderen: dal 2013 non c’è un italiano nelle prime dieci posizioni. Inaccettabile per una nazione come l’Italia, che ha sempre avuto una grande passione per il pavé.
Ma l’aria sta per cambiare, il cambio generazionale è alle porte e noi siamo fiduciosi. Dal 1992 in poi abbiamo diversi ciclisti che potranno intraprendere una carriera da protagonisti assoluti, nelle corse di un giorno, sul pavé, nelle corse a tappe e anche su pista. Siamo pronti per tornare grandi.
@carloberry