“I tatuaggi bisogna “soffrirli”. Dopo aver vissuto qualcosa di particolare, lo si racconta tramite il tatuaggio, come in una specie di diario”. Fin dall’antichità, i tatuaggi sono stati espressione vera e sincera della vita di tutti i giorni. Rappresentavano storie belle, di gioia ma anche il dolore, la sofferenza, la morte. Col tempo poi in alcune società sono diventati qualcosa di ancora più grande. I tatuaggi come simbolo di appartenenza ad un determinato gruppo di persone come avviene in tante gang latine ma anche in organizzazioni asiatiche come la Yakuza. Ai giorni d’oggi i tatuaggi stanno diventando forse una moda ma rappresentano, per molte persone, un modo di raccontare “qualcosa di particolare, […] come in una specie di diario”. C’è una ragazza, che è ormai da 12 anni sulla cresta dell’onda. È diventata famosa, importante, brava. Ed è una ragazza che, come molti altri, ha deciso di lasciare impressi nella sua pelle pensieri, fatti, amori. E proprio dalla sua pelle si può iniziare a capire di più del suo carattere, della sua persona. Sta scritto infatti: “so quel che voglio, […] sono un coniglio e sono un leone, sono una piuma, […] sono delicata e sono brutale, sono umile e sono orgogliosa, […] sono una che va in fondo”. Sono parole che mostrano, in modo incredibilmente chiaro, tutta la personalità di questa ragazza. Una donna forte, brutale ma allo stesso tempo fragile, come una piuma.
Era il 5 agosto del 1988 quando a Mirano, un piccolo comune in provincia di Venezia, nasceva una piccola bimba figlia di un ex paracadutista dell’esercito che, insieme alla moglie Cinzia, decise di chiamarla Federica. Quello che non sapevano i due è che avevano appena dato vita ad una bimba con un potenziale unico, inimitabile. Un potenziale che con gli anni avrebbe riversato tutto in acqua; ma non quella del mare. Quella profonda distesa di acqua spaventava, e spaventa tutt’ora, la piccola Federica che infatti decise di virare sull’acqua più chiara e decisamente meno profonda delle piscine. È l’inizio di un amore vero, duraturo, fatto di lunghi momenti di gioia intervallati da attimi di buio pesto. È in quel momento che parte, senza più fermarsi, la vita sportiva di Federica Pellegrini.
Anni e anni di allenamenti e quindi di grandi sacrifici, come il trasferimento da Spinea, dove viveva, a Milano quando aveva solo 15 anni. Si sentiva un drago pieno di forze in quel momento e infatti si era fatta tatuare nella caviglia proprio un draghetto. Ma la vita di Federica, per quanto si parla di una ragazza con doti uniche, è pervasa dalla normalità; la normalità tipica della vita di tutti i giorni. Un continuo fare i conti con i diversi aspetti della quotidianità, un po’ come accade con le onde: un momento danno tregua, quello dopo si infrangono negli scogli. Federica Pellegrini è stata ed è tutto questo; “Un leone” ma anche un “coniglio” , e il trasferimento a Milano si rivelò, nonostante la forza di volontà di Federica, il primo grande ostacolo da affrontare. Vuoi la lontananza da casa, vuoi l’inizio dell’adolescenza, Federica si trova a dover fronteggiare la paura e la rabbia di un fisico che iniziava a cambiare. Inizia ad avere problemi col cibo ma la famiglia, ancor prima del nuoto, arriva in suo aiuto e forse, quel tatuaggio “nient’altro che noi” fatto in quel periodo e dedicato al fratello, ne è un ulteriore dimostrazione. Superato questo primo scoglio anche il nuoto torna a essere protagonista assoluto della sua vita
È il 2004 l’anno del suo arrivo a livelli importanti essendo la stile liberista più forte d’Italia. È l’anno di 15 titoli italiani ma è soprattutto l’anno delle Olimpiadi di Atene. Federica, ovviamente, partecipa alla rassegna olimpica gareggiando nei 200 e nei 100 sl. Ma la sua gara, come dimostrerà tutta la sua carriera, sono i 200m. E proprio in questa gara arriva una medaglia che l’Italia femminile del nuoto aspettava dai tempi di Novella Calligaris, ben 32 anni prima. È un argento che la fa diventare la più giovane medagliata italiana ad un Olimpiade. È un argento che la porta nell’élite del nuoto mondiale, un posto che tra alti, tanti, e bassi, pochi, si tiene stretta tutt’ora. I quattro anni successivi diventano, per la Pellegrini, una sorta di allenamento in più per riuscire a non bruciarsi. Si affida ad Alberto Castagnetti che diventa, per la giovane veneta, un secondo padre; forse l’unico allenatore, ad oggi, a riuscire a capire e sorreggere l’animo turbolento di Federica. In questi anni arrivano, tra rassegne iridate e continentali, anche varie medaglie tra cui l’oro con record del mondo agli Europei di Eindhoven del 2008 nei 400m stile libero.
Ma il 2008 è anche l’anno delle seconde Olimpiadi della sua carriera, quelle di Pechino. Nei 400 sl è la favorita numero uno nonostante avesse appena 20 anni ma, dopo un’ottima semifinale, in finale arriva solo quinta. È un grosso colpo che Federica, un colpo che però sentirà col tempo, il giorno seguente infatti, nei 200 sl, diventa la prima donna italiana a vincere una medaglia d’oro nel nuoto alle Olimpiadi. Non è una semplice medaglia d’oro, ma è una medaglia che arriva con il record del mondo. Una gioia immensa e inimmaginabile per una ragazzina di soli vent’anni una gioia che però non copre le cicatrici dei 400m. Una ferita grande che, agli Assoluti di Riccione l’anno seguente, si riapre in maniera prepotente e nel modo più brutto. Il leone diventa preda e Federica è costretta ad arrendersi ad una crisi di panico troppo più grande di lei. Un blocco, alla partenza dei 400, che non riesce a superare.
Tanto lavoro, soprattutto nella testa, la porta però a diventare, ai mondiali di Roma nel 2009, la prima donna a scendere sotto il muro dei 4’ nei 400sl. Tradotto: Oro, World Record, e un’iniezione di fiducia non da poco. Una gioia grande che però durò poco in quanto, pochi mesi dopo il suo allenatore, Alberto, morì. Un duro colpo per Federica che fu costretta a fare i conti con la perdita di quello che era diventato come un padre. Di quella persona che però ora, a distanza di 7 anni dalla sua scomparsa, è ancora vivo nei ricordi e anche nella pelle di Federica. Sì, perché questa è stata una sofferenza che Federica ha voluto tenere sempre a mente tatuando il nome dell’allenatore all’interno di una rosa.
Lo shock, il dolore e la tristezza per questa perdita non “uccidono” la Federica atleta. Che, dopo numerose medaglie ai mondiali del 2011 vince nuovamente due ori nei 200sl e nei 400sl. Poi però, alle Olimpiadi di Londra, un’altra grande delusione: due quinti posti e tanta, tanta amarezza negli occhi e nelle parole di Federica: “Reagire? Sicuramente, ma, ripeto, la testa non può fare tutto. Ho perso tante volte in carriera e ora sono pronta a voltare pagina, bisogna crederci, forse l’anno prossimo mi farà bene staccare per un po’”.
Nonostante le dichiarazioni però continua ad allenarsi anche se decide di concentrarsi solo sui 200sl con qualche incursione in altri stili. I risultati, nonostante un clima non facile attorno all’atleta di Spinea, continuano ad arrivare rinvigorendo la fiducia di un’atleta che ha sempre mostrato di aver bisogno anche del supporto della gente.
Sono risultati ottimi come l’argento nei 200 sl ai mondiali di Kazan il 5 agosto 2015 proprio nel giorno del suo compleanno. Un argento con sfumature d’oro in quanto arrivato a 10 anni dalla prima medaglia mondiale di Federica. Un argento che la fa diventare la prima atleta a vincere una medaglia in 6 edizioni diverse dei mondiali. Un argento che la ha spinta anche verso un riconoscimento importante che la ha riempita di orgoglio. Dopo le polemiche a Londra 2012 per un presunto rifiuto, la Pellegrini è stata nominata Portabandiera dell’Italia per le Olimpiadi di Rio. E chissà che proprio questo fatto sia di ispirazione per un nuova pagina del Diario su pelle di Federica Pellegrini, una ragazza forte come un leone ma delicata come una piuma ma soprattutto una ragazza che sa che deve arrivare fino in fondo.
@gigibotte
Luigi Bottecchia