Oggi cari lettori l’abbiamo combinata grossa. Abbiamo intervistato per voi lo sciatore italiano più vincente e più discusso a livello mediatico degli ultimi anni. Christof Innerhofer, tre medaglie ai mondiali di Garmisch 2011 e soprattutto le due perle alle Olimpiadi di Sochi 2014. In questa intervista capirete il perché le medaglie non arrivano mai per caso, la sua determinazione e tanto altro.
Ciao Christof, la nostra foto scattata a Santa Caterina con quel palo attaccato ha fatto il giro del mondo. Quell’episodio ti ha dato più popolarità di una vittoria certa in quella giornata. Quanto importante è stato quel fatto a livello di immagine ?
E‘ stato importante perchè ho dimostrato coraggio e i tifosi lo hanno capito. Grazie a quella gara la gente ha capito che io non mollo mai. Mi ero reso conto subito che la situazione poteva essere pericolosa ma in una frazione di secondo dovevo decidere se fermarmi o continuare. Ho avuto sangue freddo e ho stretto i denti fino alla fine. Le foto e i video della mia discesa hanno fatto il giro del mondo. Persino negli Usa ne hanno parlato. E mi hanno invitato a Che Tempo Che Fa per parlarne. Sicuramente ha avuto un eco maggiore di una vittoria.
Lo sci in Italia è abbastanza morto a livello di immagine. I tempi di Tomba sono ormai un lontano ricordo. Tu e Giorgio Rocca però avete fatto molto in questi anni per recuperare appeal. Ti senti il salvatore della patria?
“Penso che bisogna ottenere i risultati ma fare anche cose extra-sci. Dal 2007 mi sono sempre divertito andando a fare photoshooting, partecipando ad eventi e andando ospite in televisione. Tutto questo da immagine a me e ai miei sponsor, Si potrebbe fare tanto di più ma secondo me sono cambiate un pò di cose nell’ultimo anno, in meglio logicamente”.
Da giovane non eri un fenomeno, poi col lavoro sei diventato un campione. Quando è stato il momento in cui hai sofferto di più?
“Quando ho avuto degli infortuni, ma mi sono sempre rialzato. Il mio motto è „Never Giver Up“ e non mollo mai anche quando vedo tutto nero. Io sono convinto che perdere aiuti a vincere, perchè dopo la vittoria si apprezza maggiormente”.
Da giovane chi era l’avversario che più temevi e che ogni gara volevi battere a tutti i costi? Raccontaci i tuoi rivali d’ infanzia.
“Quando ero piccolo sognavo di essere Tomba, poi crescendo e facendo le prime gare i miei idoli erano i norvegesi (Aamodt e Kjus). Mi piaceva il fatto che erano polivalenti. Loro erano un punto di riferimento. Nel mio sci club l‘antagonista era il canadese Jeffrey Frisch (italiano poi naturalizzato canadese) e volevo sempre batterlo ed essere il migliore. Quando poi ero in squadra B, volevo battere Eisath. Poi andando avanti Staudacher e Fill “.
A Sochi hai fatto un capolavoro. Quando ti sei affacciato al cancelletto avevi nel volto una convinzione che nessun sciatore ha mai dimostrato. Come hai vissuto la vigilia?
“E‘ stata la gara perfetta perchè mi sono presentato al cancelletto a posto con la coscienza. Ho capito che potevo fare medaglia, stavo bene fisicamente, e i materiali erano a posto. Volevo rischiare a tutta, era il mio grande obiettivo quando ho messo i bastoni oltre il cancelletto. Sono molto pignolo e scrupoloso, quando vado in gara sapendo che ho fatto tutto quello che serviva per preparare al meglio la discesa mi sento sollevato. Il giorno prima ho fatto video con gli allenatori, mi sentivo un pò scarico le gambe e ho fatto un piccolo richiamo in palestra. Così il giorno dopo avevo le gambe perfette, ho riposato bene e mi sono concentrato molto. Sapevo che Sochi era una grande occasione e volevo giocarmela al meglio delle mie possibilità”.
Da anni la tua schiena ti tormenta. Le cure del dott. Müller però sembrano dare i loro frutti. Che rapporto hai con lui.
“Le ho provate tutte per la schiena, l’unico che mi ha fatto stare meglio è stato il dottor Müller, lui è il dottor numero uno al mondo. E pesante perchè mi devo sobbarcare tanti kilometri in macchina per andare a Monaco, faccio 50 mila kilometri all’anno. Però quando vado da lui sento i benefici per un pò di tempo. Ho imparato a convivere con il mal di schiena e mi adeguo anche nella mia preparzione. Importante è anche il lavoro di Paolo Chucchetti, il fisioterapista della Nazionale che negli allenamenti e in gara mi aiuta molto”.
Molti nell’ambiente dicono che hai un bel caratterino. Alcune fonti ci hanno rivelato di un rapporto teso con col tuo compagno di sempre Werner Heel. Raccontaci perché le cose non sono più come prima.
“Chi conosce l’ambiente sa che gli atleti top hanno un carattere difficile. Ho un rapporto di grande rispetto con i miei compagni di squadra. Questo non vuol dire che siamo amici. I miei amici sono quelli dell’infanzia, del mio paese. Per me e per noi lo sci è un lavoro e quindi i rapporti devono sempre essere positivi. Quando hai degli obiettivi in testa, devi seguire la tua strada“.
Come vedi la tua vita dal giorno che aprirai per l’ultima volta il cancelletto e taglierai per l’ultima volta il traguardo?
“Non ho ansia, anche se sarò un pò triste. Sono certo che sarà un giorno difficile perchè lo sci è la mia vita, però per carattere sono abituato ad affrontare le difficoltà e a superarle, quindi non sarà uno choc. Mi mancheranno di sicuro le gare, ma penso che resterò nell’ambiente dello sci. Poi mi piacerebbe fare anche altre cose. Sarà comunque una vita piena anche senza le competizioni perchè troverò altre sfide dove raggiungere obiettivi. Comunque non penso ancora all’addio, sento di avere ancora tanti anni davanti di sci”.
Quale è stato il Christof più forte di sempre a livello atletico?
“Nel 2013 nel test dove ogni minuto devi aumentare di 25 watt, sono arrivato a 510 watt. Nell’estate 2015 mi sono fermato ai 500, perchè non volevo sforzare la schiena, ma avrei battuto il mio massimo. Questo vuol dire che fisicamente sono ancora al top”.
@bauerdatardaga