Abbandonate le classifiche, correte per vincere

carlo beretta

Eccoci alla seconda puntata della rubrica dedicata al mondo dello sci alpino. Questa volta non vi racconterò di argomenti interessanti come watt e allenamenti, ma vi parlerò di qualcosa di più tecnico e filosofico allo stesso tempo, dunque molto meno emozionante. Spesso i meno esperti mi chiedono: “Come fa un giovane sciatore ad entrare di diritto in squadra nazionale?” Semplice, basta vincere la classifica generale del Grand Prix Italia. O almeno è semplice da dire ma non da mettere in pratica, soprattutto per ragazzi che hanno dai 16 ai 19 anni e dunque si trovano ad affrontare già qualcosa di molto importante per la loro carriera da atleti. E’ un sistema giusto o sbagliato? Non lo sappiamo e non lo sapremo mai, io posso solo raccontarvi ciò che si prova a lottare per queste classifiche basandomi sulle mie esperienze personali. Ecco cosa ho imparato.

Nel 2012/2013 mi stavo giocando il ritorno in squadra nazionale contro Marco Manfrini all’ultimo anno della categoria giovani. Un’occasione che in quel momento sembrava essere l’ultima spiaggia, l’ultimo treno disponibile per continuare la carriera da sciatore. In realtà non è così, ma quando vivi queste situazioni in prima persona non è semplice immaginarla diversamente. E’ stata una stagione all’insegna dello stress e della tensione, com’è normale che sia, perché dopo tutto stavamo lottando per una divisa azzurra, non per la coppa del nonno.

Quando ti giochi una classifica generale, se non sei nettamente il più forte gareggi sempre sull’uomo avversario, mai contro te stesso, e tante volte si rischia di uscire dal cancelletto di partenza con una marcia in meno e nella maggior parte delle occasioni si finisce con l’accontentarsi di un piazzamento piuttosto che rammaricarsi per una mancata vittoria. L’importante è raccogliere punti ogni gara e guadagnare posizioni nel tabellone. In molte occasioni ho alzato il piede istintivamente per paura di sbagliare e compromettere tutto; per esempio nelle gare di slalom speciale, il mio tallone d’Achille, partivo quasi sempre con l’intento di arrivare al traguardo per riempire la casella di un file excel. Alla fine ho vinto la classifica e sono rientrato in squadra nazionale, ma sono certo di non aver gareggiato al 100% delle mie capacità.

Non si può dire che siano annate “sprecate” perché non lo sono, si impara sempre qualcosa e soprattutto a livello caratteriale si cresce molto. Ma non si fa il salto di qualità, non si migliora quanto si potrebbe, non si cerca il limite nella propria sciata. Fare calcoli è deleterio e anche nella coppa del mondo spesso si nota questo errore, se tale si può definire. Si innesca un meccanismo inconscio, una sorta di autodifesa per raggiungere un obbiettivo.

Negli ultimi due anni i criteri per l’ingresso in nazionale giovanile sono leggermente cambiati perché vengono premiati anche i primi delle classifiche di specialità (slalom speciale, gigante e velocità) oltre al primo della classifica generale, ma la questione non cambia: bisogna pensare sempre ai punti, alle graduatorie, bisogna ragionare ancora. C’è da dire che questo è l’unico criterio di selezione oggettivo e non criticabile e non sarà facile abolirlo totalmente.

Io però voglio darvi un consiglio: dimenticate le graduatorie, i punteggi e i piazzamenti. Gareggiate per migliorarvi, per puntare al top, alzate l’asticella. Correte per vincere.

@carloberry

Prima puntata

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