Non bisogna nasconderlo: lo sci alpino in Italia è molto distante dall’innovazione, dal futuro, dall’avanguardia. Quando si parla di miglioramento ed evoluzione della sciata di un atleta l’unico parametro pragmatico e veritiero su cui si può fare affidamento è il cronometro. Ma su quali altri valori ci si basa nel valutare positivamente o negativamente una prestazione o anche un solo movimento del corpo? Non sempre le sensazioni e “l’occhio” danno una risposta reale e affidabile. Nel 2016 le modalità di analisi dell’allenamento sono rimaste quasi le stesse rispetto a 20 anni fa: riprese video, rilevamenti cronometrici, analisi video pomeridiana e tante, tantissime sensazioni e osservazioni soggettive da parte dell’atleta e dell’allenatore. È cambiata la tecnica, sono cambiati gli sci, le piste e i tracciati di gara, ma i rituali sono sempre gli stessi per almeno il 90% degli atleti che gareggiano nello stivale. E se si riuscisse a limare e convertire le sensazioni in risposte matematiche e certe? Qualcuno ci sta provando negli USA.
Qualche anno fa nello stato del Nevada è nato il progetto Forwardski. Un’idea molto interessante seppur ancora primitiva, ma che sta riscuotendo riscontri positivi anche all’interno delle squadre nazionali statunitensi di Coppa del Mondo. Il sistema è molto semplice: due sensori vengono posizionati sugli stinchi e sotto le linguette dello scarpone si trovano i sensori di pressione; il tutto è collegato con un controller via wireless che può essere tenuto in tasca. A questo punto viene impostato il range di angolazione su cui si potrà lavorare. Durante l’utilizzo in pista, ogni volta che si esce da questo range, si attiva un segnale audio (beep) che arriva negli auricolari dell’atleta. In poche parole lo sciatore viene avvisato tramite un segnale acustico live quando si trova in una posizione troppo arretrata.
Ora lasciamo perdere la validità di questo strumento, che ognuno può reputare interessante o inutile a seconda del proprio credo tecnico-sciistico, e concentriamoci su un’altra questione molto più ideale e futuristica, prendendo come spunto questa “americanata”. Come fa un’atleta a capire in tempo reale se sta sciando bene durante la sua run? C’è un modo per attuare delle correzioni “real time” che possono aiutarlo rapidamente? Come abbiamo già accennato ci si basa solamente sulle sensazioni personali: “sto sciando bene”, “sono troppo arretrato”, “sono troppo statico”, e così via. Il pragmatismo e la certezza matematica vanno a farsi benedire; inoltre se non vi chiamate Bode Miller è meglio fare attenzione a quello che dice il vostro corpo a 90 km/h. Da questo punto di vista Forwardski è illuminante: l’intento principale è quello di trasformare una percezione, quella dell’avanzamento e dell’arretramento, in qualcosa di efficace e pratico così da porre rimedio immediatamente durante la propria prova, che sia fra i pali o durante una sciata libera in pista.
Sicuramente ci sarà qualche addetto ai lavori che storcerà il naso davanti a questo tipo di discorsi, perché lo sci è vario e fatto di situazioni diverse, e magari idee come quella di Forwardski non porteranno migliorie tecniche negli anni a venire. Però è bello sapere che c’è ancora qualcuno in questo ambiente che rompe i preconcetti per provare a precorrere i tempi.
In uno sport tecnico e sofisticato come lo sci alpino, perché è così difficile aprire la mente ed essere all’avanguardia?
(Ah, se non piegate la caviglia allora Forwardski potrebbe aiutarvi.)
@carloberry