Swatt Club – Andrea Fontanella #10

Andrea Fontanella

Ecco la prima intervista dedicata ai membri dello Swatt Club. Andiamo a conoscere Andrea “Fonta” Fontanella, il numero 10.

Andrea è prepartore fisico per la Robur et Fides Basket Varese (Serie B), allena i ragazzi e gli allievi del GB Ski Club Aprica e svolge inoltre attività di preparazione fisica privata per atleti. E’ laureato in scienze motorie presso l’università cattolica di Milano ed è appassionato di ciclismo su strada e tennis.

Quali sono stati e quali sono i tuoi sogni sportivi? Cestisticamente parlando sognavo di poter affrontare un campionato almeno di serie C, e questo obiettivo è stato raggiunto. Dal punto di vista sciistico, diventare maestro di sci è stato un grande traguardo, soprattutto perché non ho avuto un grande passato ad alti livelli, ma mi sono sempre dato da fare. Al momento poter fare qualche buon risultato in questo ultimo anno di gare è l’obiettivo agonistico che mi sono prefissato. Dal punto di vista professionale, sicuramente trasmettere ai miei atleti tutto ciò che lo sci mi regala ogni giorno: fatica, amicizie, risultati, allenamenti, paesaggi. 

Cosa ti spinge a faticare e allenarti anche se non e’ un tuo dovere? L’idea di poter essere un atleta, di spingere al massimo il mio motore, arrivare davvero a chiedere il 100% a sé stessi. Questo mi spinge anche a 25 anni, quando in ogni sport sei ormai messo da parte, a continuare ad allenarmi. Sicuramente il piacere per l’allenamento è un’altra motivazione importante. Ma lo sport mi ha insegnato a comportarmi e a vivere ogni situazione quotidiana in modo concreto. Quando ci si abitua a fare fatica per un obiettivo sportivo, a me è sempre poi venuto un pochino più facile fare fatica nella vita, scolasticamente parlando ed ora anche lavorativamente. Il bagaglio che ti lascia lo sport è impagabile, nient’altro ti da la stessa formazione, famiglia a parte. Questo non vuol dire che chi fa sport seriamente non sente la fatica, significa che la si affronta con una mente più disponibile e preparata.

Chi sono i tuoi idoli? Kobe Bryant e Alessandro Del Piero, per l’atteggiamento proposto in ogni situazione dentro e fuori dal campo. Ivan Basso, per l’umiltà di rimettersi in gioco dopo la squalifica.

Sport in Italia: come siamo messi? Mah, la situazione è complessa, sicuramente sbilanciata verso la realtà calcistica, ma il grosso problema è la mancanza di una collaborazione forte con il sistema scolastico. Mancando questo nesso diventa difficile gestire bene gli impegni, spesso si è costretti, sbagliando, ad abbandonare una o l’altra attività. Io sono un fan del sistema sportivo americano, in cui gli atleti vengono cresciuti dalle scuole. È un sistema completamente diverso, fondato su una cultura diversa, che però da senza dubbio risultati migliori, basta guardare i numeri. Da ultimo la formazione dei tecnici è troppo spesso lasciata al caso, fare l’allenatore o il tecnico deve essere un mestiere riconosciuto e tutelato, non è concepibile che si possa accedere a queste cariche con semplici corsi abilitanti.

Parliamo della situazione dello sci alpino. E’ uno sport molto complesso, che attualmente si basa ancora troppo poco su ricerche scientifiche. Credi che si possa invertire la rotta per uscire da questa bolla di provincialismo che lo circonda? Anche lo sci vive questa realtà dello sport Italiano. Sicuramente è uno sport sempre più di nicchia visti in particolare i costi. Detto questo, essendo caratterizzato da numerose variabili incontrollabili come neve, meteo, visibilità, pendio ecc, diventa difficile poter creare un modello funzionale preciso, come ad esempio quello della ginnastica artistica, dove gli attrezzi sono sempre uguali e i movimenti si ripetono in allenamento, o come il ciclismo in cui il movimento fondamentale viene dalle gambe ed è ciclico, si ripete quindi sempre uguale. Tutto questo fa si che lo sci resti un poco sempre improvvisabile, caratteristica che spesso lo rende molto affascinante, che però non permette al 100% di capire, attraverso la scienza che cosa può fare la differenza. Non lo definirei uno sport circondato da una bolla di provincialismo, proprio perchè queste difficoltà di interpretazione non giocano a vantaggio del monitoraggio delle prestazioni e quindi della crescita degli atleti. Ognuno ha i propri segreti e i propri trucchi a parer proprio vincenti che non possono essere svelati agli altri, i quali invece svolgono sempre il proprio lavoro in modo errato. Ecco forse è questo l’atteggiamento che deve essere cambiato.

 

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