Sarebbe questa l’innovazione di cui lo sci alpino ha bisogno?

E’ fattuale come il mondo dello sci alpino sia fortemente conservatore e restio all’innovazione, essendo imprescindibilmente legato alle federazioni e a delle forme mentis che non permettono una sua modernizzazione e di conseguenza di migliorarne l’appetibilità al pubblico: l’esempio di ciò che è successo con Lucas Braathen ne è la prova.

L’intento di questo articolo non  risulta essere una mera polemica nei confronti delle istituzioni che lo comandano e le loro scelte, ma degli spunti di riflessione sul perché, all’alba del 2024, organizzare una discesa a novembre su un ghiacciaio alpino, possa essere considerata una delle decisioni meno sensate proposte dal movimento negli ultimi anni.

Primo punto da sviscerare riguarda proprio il fattore d’innovazione, tanto decantato, nel portare una discesa libera che parta in uno stato e finisca in un altro, anticipando la stagione dei velocisti di un paio di settimane sostituendo la classica di Lake Louise, eliminata dal calendario con il pretesto di essere una discesa troppo facile per il massimo circuito. Per chi avesse avuto la possibilità di vedere le immagini della Gran Becca o comunque ci abbia messo il naso, si sarebbe subito accorto che in confronto la pista canadese potesse essere considerata ai livelli della Streif in termini di difficoltà.

Secondo punto focale invece si incentra sulle difficoltà oggettive nel portare a termine una gara simile in un ghiacciaio in questo periodo dell’anno. Chiunque abbia messo gli sci ai piedi sopra i 3000 metri di altitudine a novembre è fortemente consapevole delle difficoltà che si possono riscontrare, anche nel caso si voglia fare la più classica delle uscite turistiche di inizio stagione, figurarsi per una discesa libera su un pendio simile. Il risultato? Un giorno su cinque di prove e gare svolte, dovute a vento, freddo e neve. Anche nel caso in cui la gara fosse stata portata a termine, la probabilità di avere tempi falsati dalle condizioni meteo sarebbe risultata troppo elevata.

Ultimo punto infine, non di certo per importanza, riguarda l’impatto ambientale dovuto all’organizzazione della gara. “Follia far salire le ruspe per spostare un ghiacciaio nel 2023“. In un periodo storico dove il riciclo e la riduzione delle emissioni risultano essere di primaria importanza per la salvaguardia dell’ambiente, un utilizzo spropositato di energia e risorse economiche per un evento simile risulta essere poco sensato secondo un’analisi costi-benefici, senza pensare all’impatto sull’immagine del movimento visto dall’esterno, di cui le rivolte degli ambientalisti ne sono una prova. In compenso basta togliere il fluoro dalle scioline per essere considerati eco-friendly, senza considerare la quantità di sciolina fluorata ancora in circolazione, sacche degli sci, spazzole ed altri materiali come sacche ed utensili contaminati, materiali difficilmente riciclabili che sono stati per forza di cose accantonati da tutti gli skiman di Coppa del Mondo e di Coppa Europa, alla faccia della sostenibilità.

Ruspe sul ghiacciaio.
Credit Sebastien Anex

Chissà cosa ne pensa Greta

Intanto attendiamo con ansia l’evento femminile, ricordando che per i maschi il conteggio di gare svolte fino ad oggi risulta zero su tre.

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