Prevenzione o emergenza?

La preparazione mentale in un atleta è considerato un argomento quantomai controverso. Molto spesso si inizia a prendersi cura della componente mentale solo a fronte di un calo di prestazione, a seguito di un infortunio o, più in generale, quando le cose iniziano a non girare più al meglio. Spesso con l’aspettativa che nel giro di un paio di giorni si possano rimettere le cose a posto. In realtà avviene proprio il contrario: i meccanismi disfunzionali si sono ormai radicati e scardinarli richiede più tempo e impegno. Si finisce quindi con l’intervenire in emergenza. Il punto è che il dato mentale è sempre presente, anche prima di un evento di rottura.

La componente psicologica-emotiva accompagna l’atleta fin dall’approccio al mondo dell’agonismo (e anche molto prima!) e va coltivata al pari di tecnica e muscoli.
Ho sempre in mente la storia di quel ragazzo, sciatore, bravissimo in allenamento ma a cui in gara “si spegneva l’interruttore”. Per tutta risposta l’allenatore gli faceva fare più pali, soluzione che lo ha portato ad essere certamente eccellente sul piano tecnico, ma che non gli ha permesso di intervenire sull’ansia che lo coglieva ogni volta che si affacciava a una gara e che lo portava sistematicamente a vanificare gli sforzi profusi in allenamento.

 

Dovrebbe essere impegno comune (allenatori, preparatori, famiglie e atleti stessi) quello di anticipare temporalmente il lavoro mentale, sensibilizzando all’esigenza di un allenamento specifico e fornendo gli strumenti necessari affinché l’atleta impari a gestirsi a fronte delle difficoltà. Questo passa attraverso un lavoro di auto-conoscenza delle proprie modalità di reazione di fronte agli ostacoli, alla costruzione di un approccio alla competizione non in termini di luogo di definizione di sé ma come occasione per esprimere il proprio potenziale e allo sviluppo di strategie di coping che permettano di compensare errori, cali di tensione e di motivazione.
Questo significa lavorare in prevenzione. Se l’atleta dispone di una corretta visione e di strumenti mentali sufficientemente maturi, allora sarà pronto per risolvere battute d’arresto, aspettative deluse e tutta quella serie di eventi più o meno sgradevoli che sono ineliminabili e di cui ciascun atleta farebbe volentieri a meno ma a cui, in una sorta di contratto virtuale, prima o poi tutti vanno incontro. E se l’atleta è dotato della chiave di lettura corretta, ossia quella che gli consente di vedere l’ostacolo non come una sfortuna o qualcosa che ne condanna il futuro ma come un elemento che fa parte del gioco, allora saprà attivare le risorse necessarie al fine di adattarsi, gestire e superare la nuova situazione creatasi, per spiacevole e difficoltosa che sia.

 

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