E così quest’oggi si è conclusa la carriera dell’ultimo slalomista azzurro a salire sul gradino più alto di una gara di Coppa del Mondo.
Come annunciato da tempo, nonostante qualcuno abbia tentato una smentita dell’ultimo momento, alla vigilia di una stagione Olimpica che avrebbe potuto vederlo partecipare sulla pista di Bormio, il senatore Sabo Gross ha deciso di appendere gli sci al chiodo.
Ce li ricordiamo ancora, quella prima manche di Bansko 2011 conclusa al quinto posto partendo con un pettorale oltre il 40 che lo lanciò tra i grandi della spacialità, grazie ad una fluidità d’azione tra i pali stretti costruita nel tempio dell’Aloch di Pozza di Fassa e una base d’appoggio così stretta da sembrare allora pura utopia.

Uno specialista puro, che ha saputo costuire una carriera lunga quasi 15 anni grazie ad una tenacia fuori dal comune, supportata da un talento e una tecnica che, nonostante i 12 podi in carriera del massimo circuito, non è mai stata massimizzata al 100%.
Nonostante le due annate d’oro del 2012 e del 2015, anni in cui ha raccolto rispettivamente il primo podio e la prima vittoria entrambi ad Adelboden e culminati con i due secondi posti nel tempio di Schladming, raramente è riuscito a mettere in pista le qualità mostrate in allenamento. Perchè la classica espressione che è stato solito dire per anni ai vari microfoni, quella che recitava “non sto sciando in gara come in allenamento”, non è mai stata una scusa. Chi lo conosce lo sa, le sequenze che Sabo portava in pista erano sicuramente da primo della classe, con run concluse spesso e volentieri con un secondo di vantaggio su vari compagni di squadra come Razzo, Manni, Deville e Thali. Quando un solo “vamos gringo” da parte dell’allora allenatore degli slalomisti Angelo Weiss gli bastava per fargli aprire il gas.

Forse è stato questo uno dei motivi a farlo tenere duro fino in fondo, la consapevolezza di aver ancora tanto da dare nonostante l’età e i pettorali proibitivi. E quest’anno l’ha dimostrato in più di qualche occasione cercando di salvare una barca, quella dello slalom italiano, destinata ad affondare.
E si è dimostrato un signore anche in questo. Nonostante sia stato messo fuori squadra lo scorso maggio 2024, ha continuato a lavorare duramente in autonomia, senza mai fare un minimo di polemica nei confronti delle scelte prese dalla federazione e con l’obiettivo di sfruttare al massimo le poche chance che si era deciso di dargli per questa stagione.
In particolare le due prime manche dei mondiali di Saalbach e di Kranjska Gora sono state quasi commoventi, chiuse a ridosso dei 10 e con delle sequenze nel segno che tanto ci hanno ricordato le manche della già citata annata 2012, partita con il pettorale 30 e chiusa da quinto nella classifica generale di slalom.

Noi che abbiamo vissuto la sua era d’oro da agonisti e che abbiamo potuto prendere ispirazione da lui vedendolo da vicino ai campionati italiani assoluti possiamo solo dirgli grazie, per l’intensità mostrata dall’inizio della carriera fino alla giornata conclusiva di oggi.