Al netto dell’imbarazzante partenza in coda alla Safety Car, la gara del Principato quest’anno è stata ricca di emozioni. A mente fredda, offre tanti spunti su cui riflettere.
Partiamo dal vincitore: oggi Hamilton è stato grande. Ha tirato fuori l’orgoglio e quei 20 giri con gomme ‘wet’ ridotte all’osso in condizioni di pista semi asciutta hanno ricordato a tutti perché è campione del mondo in carica.
Tuttavia, bisogna riconoscere che la vittoria gli è stata regalata dalla Red Bull, colpevole di aver compromesso per la seconda volta consecutiva la gara di un oggi superbo Ricciardo, mai domo anche quando ormai i giochi erano fatti.
Aldilà della porcata senza precedenti dei “Bibitari”, l’impressionante miglioramento della vettura della casa austriaca è sotto gli occhi di tutti; dietro a questo “miracolo” – considerando da dov’erano partiti – c’è un uomo solo: Adrian Newey. Chapeau!
Intanto, però, l’aussie dai perenni sorrisoni manifesta a più riprese il suo – lecito – malcontento, e le sirene Ferrari si fanno sempre più insistenti.
Il rovescio della medaglia in casa RB è, ovviamente, la figuraccia (la seconda di fila, a Monaco) rimediata da bimbo prodigio Verstappen. A Barcellona perfetto, nel weekend monegasco disastroso. Rimandato.
Su Nico Rosberg e la Mercedes: complice anche la crescita lampo della RB, la casa della Stella a tre punte pare manifestare le prime debolezze.
Sul piano delle prestazioni, infatti, sono stati inferiori alla banda della Lattina per tutto il weekend e, in questo momento, non sono nella condizione di dormire sonni così tranquilli.
Inoltre, continuano ad essere attanagliati da problemi di affidabilità. Questa volta è toccato a Rosberg, tradito dai freni. Weekend amarissimo quello appena trascorso, per il tedesco. Il vantaggio sul compagno di squadra, in ottica mondiale, si è notevolmente assottigliato (Ham, ora, è a -24) ed episodi come il sorpasso subito da Hulkenberg all’ultima curva dell’ultimo giro sono pessimi segnali.
Si dimostra più che corretto rispettando l’ordine di scuderia in cui gli viene chiesto di far passare il compagno di squadra. Dal Leo Di Caprio della F1 Canada ci si aspetta una reazione.
Capitolo Ferrari: meglio stendere un velo pietoso sulla “raikkonata” di Kimi nelle prime battute. Semplicemente inaccettabile. In passato anche i più grandi (Ayrton, Schumi, tanto per citarne un paio), però, sono andati a muro a Montecarlo. Non è stata la prima vittima illustre delle barriere monegasche, e non sarà nemmeno l’ultima. Questi errori, tuttavia, sono pane per i denti dei detrattori del finlandese, soggetti in perenne agguato.
Vettel ha fatto il massimo: con i ‘se’ e con i ‘ma’ non si va da nessuna parte, ma nel caso in cui Massa fosse rientrato (fra il giro 17-18, ndr) la gara del tedeschino avrebbe preso sicuramente una piega differente, che con tutta probabilità l’avrebbe portato ad una vittoria che a Maranello, nel Principato, manca da 15 anni.
Dispiace vederlo – forse per la prima volta dall’approdo in Ferrari – triste e demoralizzato: il suo stato d’animo è lo specchio del momento della Rossa, indubbiamente il più delicato della legislatura Marchionne.
In Canada sono attese importanti novità sulla monoposto, nella speranza che finalmente possano essere fruttuose. Inutile nascondersi dietro un dito: lo sviluppo del pacchetto è il vero tallone d’Achille di questo team. Basta volgere lo sguardo appena un po’ indietro; in termini prestazionali, qual era la situazione della Ferrari a Melbourne?!
Un plauso a “Checo” Perez: è pronto (questa volta per davvero) per un top team. Costante, veloce, preciso e maturo. Questo podio è più che meritato visto lo splendido lavoro che sta facendo.
Nota a parte, un piccolo pensiero per Jules, nei giorni in cui non si fa altro che parlare della causa fatta alla FIA da papà Bianchi.
Di questi tempi, due anni fa, portava ai primi punti storici nel Principato il “paracarro” Marussia.
“Gone but not forgotten” #JB17
Tommaso Govoni