Il Tour de France è come Disneyland

Siamo arrivati in terra francese per la tappa di Gap e dopo soli cinque minuti ci siamo ricordati perché questo è l’evento sportivo più grande del pianeta. Qui ci sono tutti: atleti stellari, aziende, presidenti, capi di governo, AD di grandi aziende extra settore, tifosi con tagli mullet da dimenticare, agricoltori, muratori, la gendarmerie, famiglie norvegesi, i fiamminghi ovviamente, qualche italiano, una marea di sloveni su camper Adria, tedeschi e olandesi in ciabatte nere Adidas, bambini. Tantissimi bambini. Sarà l’estate, sarà il colore della maglia del leader, sarà la grandezza dei corridori in startlist, ma questa corsa ha qualcosa di magico: il Tour de France è come Disneyland.



Il Col de la Sentinelle è lungo circa 5km, verrebbe considerato un cavalcavia da noi italiani e nemmeno inserito nei GPM di giornata, eppure in Francia lo fanno diventare l’Alpe d’Huez. Ci sono camper da tutte le parti, ci sono 40 gradi, ci sono pensionati a torso nudo da ore che continuano a scrutare l’orizzonte, come se volessero vedere i corridori con i loro occhi, anche a centinaia di chilometri da distanza. I bambini sembrano tutti dei piccoli Alaphilippe, sono a tutta, impennano, sudano. C’è anche molto trash: una madre ed una figlia sono vestite con dei compact disc. E vengono intervistate dalla TV francese.

Un senatore della zona continua a camminare zoppo avanti indietro: porta un cappello a pois, lanciato da uno sponsor qualche minuto prima. Parla con il vigile, ogni tanto va a sistemare il suo ombrellone, raccoglie i portachiavi lanciati dalla carovana e borbotta frasi incomprensibili. Fa parte di questa scena, è un attore che rende tutto questo un parco divertimenti unico al mondo.

La carovana passa a 90 km/h lanciando gadget ad una velocità che può far male quando si viene colpiti. Ma è tutto free: Haribo, portachiavi, magliette, cappellini, dolci, bustine di maionese e ketchup. La carovana del Giro dura 5 minuti, qui almeno 20. E i mezzi che passano hanno in carico delle strutture assurde. Sembra di essere a Disneyland. Poi su una moto sfreccia Wiggo in versione giornalista. Eh si, ci sono proprio tutti.
Non serve una televisione o una radio per capire quando potrebbero avvicinarsi i corridori: ci sono elicotteri da tutte le parti che volano ad un altezza che sarebbe illegale in qualsiasi altro giorno dell’anno. Non oggi, le regole durante queste 21 tappe sono completamente malleabili.

Da queste parti il più grande evento legato alla corsa gialla è la caduta di Beloki, ne parlano tutti. Una caduta che da altre parti sarebbe dimenticata in poche settimane, mentre qui è motivo di vanto e storicità: Beloki cade in malomodo, Armstrong fa un numero che potremmo definire alla Sagan, scendendo per un campo di grano e tornando in strada dopo il tornante successivo. Si ricordano Beloki e Lance qui. E da oggi forse ricorderanno anche un po’ Trentin. Noi ce la ricorderemo, con il suo stile: catenina che sbatte sul petto e maglia divaricata.

Lo si vede nei loro volti, il caldo è devastante e i 200 chilometri sono entrati nei loro polpacci. Le pendenze al 4% si triplicano per alcuni corridori della fuga, mentre altri arrancano e non demordono nonostante non riescano a far scorrere la bici su questo asfalto bollente.
GVA riflette con il suo oro, ma la sua gamba non è olimpica: sempre al vento da Gennaio, sempre in gara, ogni mese, ogni settimana. Oggi serviva freschezza, il belga non ne aveva.

Il Tour ti finisce.

Next stop: Galibier.

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