Come ogni anno ci apprestiamo all’inizio della stagione sciistica parlando del tema comunicazione e stile. Un anno fa eravamo a questo punto, avevamo criticato la comunicazione dello sci alpino, tirando in ballo si le federazioni, ma anche le aziende di settore. Eravamo delusi, molto delusi. Dove ci troviamo adesso? Come lo scorso anno stiamo balneando nel solito stagno. Ciò che segue è solamente simile ad una recensione di un album musicale indie-rock, non ad un paragrafo della Bibbia.
Bisogna dirlo, qualcosa è migliorato, ma veramente poco. La presentazione delle nuove tute da gara è stata ufficializzata con un party a quanto pare chiuso ai soli addetti ai lavori e ai soli atleti. Volete sapere se ci sono piaciute le tute da gara? La bellezza non è un termine di giudizio valido per dire che sono tute che piacciono o no. Da un punto di vista grafico gli esagoni sono leggermente datati, mentre il trend ci dice che le sfumature e i mezzi toni sono ovunque, dall’abbigliamento al web design. La tuta di una nazionale non deve essere “bella”, ma deve lasciare dentro qualcosa a chi la vede. Una tecnica per incendiare la platea è quella di produrre i remake delle collezioni vintage, riprendere elementi grafici da mondi esterni allo sport (Vedi tute da gara USA in collaborazione con Marvel), collaborare con artisti moderni per portare aria fresca e limitata. La Nike quest’anno ha prodotto per il Tottenham una terza divisa molto particolare: sul fronte della maglia c’è una rappresentazione aerea del quartiere Nord di Londra, dove c’è il club, mentre la tonalità verde presente è ispirata al logo originale di un birrificio che possedeva una parte di territorio dove sorge ora il nuovo stadio della squadra. Fossi un tifoso 18enne degli Spurs l’avrei comprata il giorno dopo il lancio, perché in quella divisa si trovano sublimate fede calcistica e appartenenza al proprio quartiere. Che poi segua i canoni di bellezza è relativo.
Pensate alla superficie stampabile di uno sciatore, dalla testa fino ai piedi: è immensa. Ecco, si potrebbe creare un’opera d’arte da esporre al Louvre.
Dalle altre nazioni niente di interessante, l’unica nota positiva è arrivata da Colmar per la nazionale francese. Una tuta disegnata da Van Orton Design, due giovani gemelli che hanno classe grafica da vendere. Ma anche qui potremmo discutere sulla messa in posa dei due modelli nel post di lancio della tuta, attrezzati con scarponi probabilmente antecedenti all’epoca di Alberto Tomba e caschi usciti dalla Decathlon. Tagliando piedi e teste dalla foto possiamo dire che questa è stata l’unica nota positiva del 2018/2019.
Parlando di pose nei photo shooting non possiamo che ammonire i nostri. L’unica emozione che tralasciano quelle immagini è l’ideale di “Turismo”. Qui abbiamo criticato i nostri facendo un paragone diretto con Nando Gaviria e Bob Jungels. Io che sono sempre stato un chiodo posso permettermi di fare photo shooting da sciatore turista belga/inglese, dai ragazzi.
Lasciamo il campo grafico ed entriamo in quello mediatico. Si poteva e si doveva fare qualcosa di meglio. L’estate non è fatta di soli ghiacciai, c’è molto altro per veicolare la bellezza dello sci alpino. I tempi dove Hermann Maier faceva da apripista ad un prologo del Tour de France 2003 sono lontani, l’estate è la morte dello sci alpino e bisogna fare qualcosa. Potremmo dirvi cosa si può fare, ma bruceremmo le nostre idee e il nostro futuro a discapito di aziende che potrebbero leggero tutto ciò.
Vi diamo solo un consiglio, che siate addetti ai lavori, tifosi, giornalisti o atleti, andate a seguire i profili Instagram di Quick Step e Brian Holm. Capirete perché oltre alle oltre 70 vittorie stagionali sono considerati uno dei team sportivi migliori del pianeta.
Ci direte che poi conta vincere le gare, questo è poco ma sicuro. Però la comunicazione è fondamentale. Se vogliamo far venir voglia di sciare ad un’adolescente è importante assicurarsi di aver creato qualcosa di magico da poter condividere e imitare. Una foto è abbastanza forte da poter portare un 14enne a emulare i propri idoli in ogni dettaglio.
Siamo partiti tutti da li, dalla simulazione: abbiamo ripreso quello che abbiamo visto in tv e nelle foto dei nostri idoli e l’abbiamo replicato nelle nostre gesta. Dalla postura, dal modo di impugnare i bastoni, dal modo di sistemare la tuta da gara sullo scarpone, dalla combinazione dei colori e da tanti altri dettagli. Non sono cose inutili, sono solo gesta che esprimono appartenenza. Sarebbe bello regalare ai millenials degli spunti creativi per portarli a spendere ore del proprio tempo sugli sci. Perché è questo il vero obbiettivo, è dai tempi di Coppi e Gustav Thoeni che è così.