Nuotando nella storia: Michael Phelps

Michael Phelps

Era il 1985 quando a Baltimora nasceva il terzo figlio di Fred e Debbie Phelps. Baltimora, oltre ad essere la più grande città del Maryland è anche il porto più importante degli States. E proprio l’acqua, anche se non quella dell’oceano Atlantico, è diventato presto l’habitat naturale del piccolo Michael. Tutto iniziò perché anche le sorelle maggiori erano nuotatrici, ma ben presto familiari e allenatori si accorsero che quel ragazzino dai capelli scuri e dalla pelle chiara aveva ricevuto un dono particolare. E questo nonostante l’acqua al piccolo Michael non piacesse più di tanto, anzi. Infatti inizialmente non riusciva neanche ad infilare la testa sott’acqua. Arrivò però il momento nel quale quel ragazzino capì che l’acqua poteva diventare un qualcosa di incredibilmente utile nella sua vita. Che sarebbe diventata come una coperta di Linus; un posto sicuro nel quale mostrare a tutti il proprio lavoro e nel quale rifugiarsi dopo aver commesso degli errori. È da quel momento che iniziò la storia di uno dei più grandi sportivi di tutte le epoche, del più importante nuotatore di sempre secondo molte persone; la storia di Michael Fred Phelps.

Nei primissimi mesi quella sua paura portò Michael a confrontarsi con solo uno dei quattro stili: il dorso, in questo modo infatti non serviva che tenesse la testa sotto acqua. Col tempo però la paura passò e lo stile libero, la rana e la farfalla divennero semplicemente dei modi diversi per mostrare a tutti la sua classe. Tra un allenamento e l’altro Phelps dovette però scontrarsi con una realtà che era più grande di lui. Ha solo nove anni infatti quando i medici gli diagnosticarono la sindrome da deficit di attenzione e iperattività. Una situazione difficile ma che paradossalmente non andò a intaccare l’attenzione di Phelps per il nuoto, anzi. Il nuoto in qualche modo lo rende più calmo e tranquillo. Poi, come in tutti i campioni, anche Michael ebbe bisogno di una scintilla per fare accendere in lui quel fuoco tipico solo dei più grandi. La scintilla arrivò da quella che sarà la sua competizione preferita: l’Olimpiade. È il 1996 quando, vedendo Tom Dolan e Tom Malchow vincere un oro e un argento ad Atlanta, decide insieme al suo allenatore di concentrarsi esclusivamente nel nuoto. Ha solo 11 anni, ma quella scintilla è stata così grande che in soli quattro anni raggiunge risultati che hanno dell’incredibile. La fiamma, nonostante le ore passate in acqua, non si spegne e lo porta proprio a competere dove essa stessa arde per tutta la durata dei giochi.

È il 2000, siamo a Sidney e Phelps a soli 15 anni diventa il più giovane atleta statunitense a partecipare alle Olimpiadi dal 1932. Partecipa a tre gare e nei 200m farfalla riesce a raggiungere la quinta partecipazione. Sembra un risultato ottimo, tutti dicono che per un ragazzino di quell’età raggiungere un tale piazzamento è un qualcosa di cui essere orgogliosi. Ma non è così per Michael. Non è così perché a lui interessa vincere, è un cannibale e in acqua, negli anni a seguire, lo dimostrerà ampiamente. Per sua fortuna la possibilità di rifarsi avviene poco dopo, nei primi mesi del 2001 a Fukuoka. È il momento del suo primo record del mondo, anzi dei suoi primi due record. Non solo ferma il cronometro come nessuno aveva mai fatto nei 200 farfalla, ma lo fa essendo anche il più giovane di sempre a battere un record.

Dietro questo giovane ragazzo c’è stata, e la cosa non stupisce, una donna fondamentale. Sempre presente, mai banale nei consigli e costantemente pronta a sorreggere il giovane Michael in ogni istante. È la mamma Debbie che fina dalla separazione del marito, quando Phelps ha soli 7 anni, si è fatta carico dei figli accudendoli e coccolandoli. Di Phelps lei dice che: “ è dotato di sensibilità e generosità rare” e allora non sorprende sentire lo stesso Michael dire di lei “è l’unica vera donna della mia vita”. Una donna che lo ha sempre accompagnato alle gare e che non lo ha mai lasciato solo, da quando era bambino ed era uno sconosciuto, a quando ha iniziato ad imporsi anche a livello mondiale.

Sono però le Olimpiadi di Atene che lo consacrano nell’Olimpo del nuoto. Otto, è il numero di medaglie che porta a casa dalla Grecia. Otto medaglie in un’unica Olimpiade di cui sei sono ori e due bronzi. È un Phelps cannibale quello di quella rassegna olimpica, un atleta capace di frantumare due record mondiali, tre olimpici e due nazionali. Ma è anche un Phelps che mostra tutta quella sensibilità e generosità di cui parlava la madre. Nei 100 farfalla infatti batte il suo compagno, nonché favorito, Crocker e si guadagna, oltre alla medaglia d’oro, il posto nella 4×100 mista. Tuttavia Phelps parteciperà solo alle batterie di qualificazioni in finale infatti lascia il posto al compagno che non aveva ancora vinto una medaglia a quelle Olimpiadi. A soli 19 anni è già uno dei nuotatori più forti in attività e ha nel palmares oltre alle medaglie olimpiche anche cinque ori e due argenti conquistati in due rassegne iridate. Senza contare i giochi PanPacifici.

Oltre ad essere la sua consacrazione i giochi di Atene sono anche il rammarico di non essere riuscito a vincere 8 medaglie d’oro superando così il suo connazionale Mark Spitz (7 ori nel ’72). Ha inizio così la dolce ossessione di Michael. Un’ossessione che dura però solo 4 anni; anni nei quali passa attraverso due mondiali e 13 medagli (12 ori) e che lo portano ad arrivare alle “sue” Olimpiadi. Pechino, 2008. La Cina ospita le sue prime Olimpiadi scrivendo di fatti una pagina della sua storia. Michael Phelps decide però di scriver La Storia. Quella dello sport, quella che si racconta ai propri figli e nipoti con la pelle d’oca. Quella che ha fatto stare incollati alla TV per assistere ad un uomo che diventa leggenda, ad un uomo che, come gli antichi eroi greci, diventa immortale grazie alle propria gesta. 100m e 200 farfalla, 200 stile libero, 200 e 400 misti, 4×100 e 4×200 stile libero, 4×100 mista. Fanno, per totale, otto gare e, finalmente, otto ori. Ma in questo caso i risultati sono anche altri. Sono i 7 record del mondo fatti segnare, le due gare vinte a distanza di un’ora una dall’altra. Sono i 200m farfalla vinti con gli occhialini pieni di acqua per un problema che però non gli ha precluso il record del mondo. Sono gli ori che sommati a quelli di Atene lo portano a essere il più medagliato di sempre che lo portano dritto dritto nella storia.

Il resto è storia recente. È la storia dei Mondiali di Roma del 2009 dominati con 5 ori e un argento e quelli di Shangai nel 2011. Ma è soprattutto la storia delle Olimpiadi di Londra. Non tanto per le medaglie vinte (4 ori e 2 argenti) ma perché dopo di essa decide, come aveva già anticipato, di lasciare il nuoto. Un addio dopo 22 medaglie olimpiche (18 ori), 26 ori mondiali e 13 ai giochi Panpacifici. Un addio che priva il nuoto del suo protagonista più bello e affascinante. Un fascino forse dovuto anche al suo essere “umano e sensibile”, come dimostrano le sue scappatelle con alcol e marijuana. Un fascino però che si è costruito con tenacia, forza e determinazione. 16km di media al giorno fatti in piscina, picchi di 10.000 calorie assunte in un giorno, estenuanti sessioni in piscina con una cintura da 8kg. Una fatica dis-umana e che forse aiuta a rendere ancora più immortale la figura dell’atleta americano.

Ora però c’è forse l’ultima grande sfida della vita sportiva di Phelps: parteciperà infatti alle Olimpiadi di Rio. Troppo forte il richiamo dell’acqua, troppo forte la tentazione dei giochi olimpici, troppo forte la volontà di scrivere nuovamente un pezzo di storia e troppo forte la determinazione di superare nuovi limiti perché in fondo, come dice lo stesso Phelps. “YOU CAN’T PUT A LIMIT ON ANYTHING. THE MORE YOU DREAM, THE FARTHER YOU GET” .

E noi non possiamo dire altro che “bentornato squalo di Baltimora”.

@gigibotte

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