Lewis Hamilton, 10: in qualifica approfitta alla grandissima della debacle Rossa, dando una lezione di guida a tutti e raggiungendo il record assoluto di pole (69) nella storia della F1.
Nella domenica brianzola, poi, saluta tutti, complice un motore Mercedes mai così forte prima d’ora.
Un motore che, olio-gate a parte, ha però raggiunto l’ultimo step evolutivo e resterà lo stesso fino al termine del campionato.
Basterà?
Valtteri Bottas, 9: parte in sordina ma poi scarica a terra tutto il potenziale del mostro su cui poggia il fondoschiena.
È tornato consapevole scudiero, ma non per manifesta inferiorità.
Fosse scattato più avanti se la sarebbe giocata con Prosciutto.
Sebastian Vettel, 7: per i disfattisti, per gli avvoltoi, per i troll e per tutti gli pseudo tifosi frustrati la mazzata casalinga non può che rappresentare il principio della fine.
E se invece fosse solo la fine del principio? Un principio in cui la Ferrari, reduce dall’incubo 2016, ha saputo rialzarsi contando sulle risorse interne. Un principio attraverso cui si è tornati a pensare in grande, prospettiva inconcepibile fino a qualche mese fa.
A Maranello ora regnano pragmatismo e consapevolezza.
Spa aveva illuso: Monza si è rivelata il tallone d’Achille per eccellenza.
Seb sapeva ed è sereno.
A Singapore si farà un altro sport.
Daniel Ricciardo, 9: inaugura il weekend brianzolo facendosi beccare nel bagno del proprio motorhome un asciugamano col faccione di Seb. Geniale.
Con una RB così, senza penalità sarebbe stato podio in scioltezza.
E se la macchina dovesse confermarsi su questo livelli, al SingSing farà vedere i sorci verdi a tutti…
Kimi Raikkonen, 6: soffre di problemi al fondo per la seconda gara consecutiva e si vede.
Con la fiammata iniziale su Bottas illude tutti, poi sprofonda nell’anonimato.
Dov’è il Kimi ungherese?
Fernando Alonso, 10: 《Where is Palmer!?》
《Palmer has retired, Fernando》
《Karma!》.
Commovente.