Attendere il proprio momento non è semplice. Non lo è neanche raggiungere livelli importanti, perdere quota e darsi il tempo per risalire. In un’epoca sportiva, e non solo, in cui non ci viene insegnato a tollerare il differimento della soddisfazione di un bisogno ma ci viene insegnata la logica del tutto e subito a scapito del rispetto di una maturazione individuale, l’universo degli atleti si spacca in almeno tre gruppi. Atleti vincenti da giovanissimi (ma sapranno poi tollerare un calo fisiologico?), atleti impazienti di fare risultato (a prescindere dall’età) e atleti “anziani” che grazie a una buona dose di consapevolezza di sé, dopo essere esplosi, rallentano in termini di risultati per poi riemergere. Mi vorrei concentrare su questi ultimi perché hanno molto da raccontare alle prime due categorie. Negli ultimi tempi si fa un gran parlare di atleti anziani che tornano a vincere dopo anni di silenzio. Qualcuno ha giustamente detto che non esistono atleti giovani e atleti vecchi, ma atleti veloci.
Questi successi sono il frutto della tenacia, della determinazione e della motivazione come è logico pensare, ma penso che siano anche frutto della pazienza. Saper stare nell’attesa, tollerare la frustrazione dei risultati che non arrivano o non sono più quelli di un tempo, la pazienza del non lasciarsi innervosire e mandare tutto all’aria. Atleti un tempo vincenti, vedendo che non riescono più a ottenere risultati, potrebbero avere la tentazione di gettare la spugna e rinunciare…a meno che non abbiano maturato una buona capacità di attesa.
Alla base c’e una grossa consapevolezza di sé, dei propri margini di recupero, di cosa fa bene al proprio fisico e del limite entro cui ci si può spingere. E questa consapevolezza, guarda un po’, si matura nel tempo.
Allargando il discorso, perché la pazienza è un ingrediente fondamentale per ogni sportivo di vertice? Perché la pazienza libera la mente da false aspettative, viceversa l’impazienza porta a traguardarsi obiettivi eccessivi, insostenibili o asincroni. L’impazienza auto-induce una smania di arrivare che rende aggressivi e che a lungo andare produce rabbia laddove non si concretizzi quanto sperato. A sua volta la rabbia rende nervosi, non rilassati ed ecco che la frittata è fatta. Si affrontano le gare con eccessiva aggressività, finendo con l’auto-sabotarsi nell’intento di raggiungere il prima possibile il risultato.
Poi è chiaro che entrano in gioco fattori terzi, quali le aspettative degli altri, che hanno un peso e remano contro la pazienza. Ancora una volta è necessario prendere le distanze, nel tempo della gara, da ciò che può sabotare la prestazione e su cui non è necessario focalizzare l’attenzione durante l’esecuzione della performance. E ricordarsi che la pazienza rende lucidi, schiarisce e libera la mente, permettendo di concentrarsi sulle cose che contano davvero nel momento della competizione.