La FISI dovrebbe pagare i Team privati per mantenere i suoi atleti ad alto livello?

Quasi una provocazione, un invito a rifletterci, ma questa domanda mi è stata posta da un allenatore a bordo pista durante la Coppa Europa di Obereggen: La Fisi dovrebbe pagare i team privati per mantenere competitivi gli atleti? Tutti gli sport più avanzati stanno andando in quella direzione, lo sta facendo anche lo sci alpino in modo molto invisibile. Gli atleti Van Deer da anni sulle piste d’allenamento fanno gruppo a sé stante, Red Bull la stessa cosa anche se in un altro modo, in ogni caso la concezione di squadra intesa come gruppo chiuso è ormai antichità. Van Deer

“Van Deer, una ricerca ossessiva della perfezione”

Lo abbiamo visto negli ultimi anni, atleti che ormai sembravano destinati all’abbandono rimettersi in gioco grazie a team privati come Global Racing, non perché necessariamente in queste realtà gli allenatori siano più bravi, più un fattore d’ambiente, ambiente sereno e competitivo che spesso in gruppi federali viene a mancare. I motivi? Pressioni inutili dall’alto, tecnici che guardano alla carriera personale più che al miglioramento a lungo termine dell’atleta, atleti presi, mandati a casa dopo un anno e ripresi. Che autostima può avere uno sciatore che si trova in questa centrifuga? Se poi vogliamo guardarla in ottica economica, che senso ha investire su un atleta un anno e poi lasciarlo a casa? Scorrendo i profili Instagram degli atleti transitati nelle squadre C negli ultimi anni la situazione è da brividi: squadre intere che non hanno mai messo il naso in Coppa del Mondo. Vogliamo raccontarci che in un gruppo di dieci atleti nemmeno uno riesce ad ottenere una convocazione? Qualcosa non quadra. Non sarebbe quindi preferibile affidarsi a questi team per la gestione dell’atleta e lasciare alla Fisi la sfera comunicativa e manageriale?

Naturalmente questi pensieri sono indigesti in Via Piranesi, ma il vento sta andando in quella direzione, Colturi insegna, anche Brignone a suo modo. Se non si vuole capire, passeremo altri cinquant’anni ad adorare il documentario sulla Valanga Azzurra, un fenomeno di successo perchè innovativo per quei tempi.

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