Critiche, autoironia, fancazzismo, ignoranza e tanta passione: queste sono le caratteristiche del tifoso medio italiano che si prepara a supportare la nazionale agli Europei. C’è chi non sta più nella pelle e chi vive nell’indifferenza, ma alla fine ci incolleremo tutti davanti al televisore per 90 minuti, nel nostro bar preferito o a casa insieme agli amici. Ma come ogni grande competizione anche quest’anno l’avvicinamento è stato influenzato dal classico provincialismo italiano.
Siamo tutti allenatori, critichiamo i convocati e le formazioni, inventiamo principi tattici che non stanno né in cielo né in terra, siamo i campioni del “salto sul carro dei vincitori” e siamo sempre i primi ad “abbandonare la barca”. Ci chiediamo come faremo a vincere con Immobile e Pellè, ci chiediamo perchè Tiago Motta abbia il numero 10, ci chiediamo come mai Ogbonna sia in Francia. Non cambieremo mai.
Tutto ciò è sbagliato? No, è una questione di istinto, è il nostro carattere latino, la nostra passione, la nostra cultura, il nostro modo di vivere lo sport. E tutto ciò ci fa impazzire.