Intervista a Kiel Reijnen

Kjel Reijnen

– Hai appena firmato un contratto di due anni con la Trek-Segafredo e dunque questa sarà la tua prima stagione con un team World Tour. Sei esaltato? Far parte di una nuova squadra è sempre un qualcosa di eccitante. La Trek è un team più grande con un budget ed una visibilità maggiore rispetto alle mie squadre passate, ma l’obbiettivo rimane sempre lo stesso: vincere le gare.

 – Conosci già il tuo calendario delle corse? Inizierò con il Tour Down Under a Gennaio. Le mie basi di allenamento saranno sia la Spagna che l’America, a seconda delle corse che andrò poi ad affrontare.

 – Hai disputato la tua migliore stagione fino ad ora, correndo un fantastico USA Pro Challenge e un buon Tour of Utah. Ma che tipo di ciclista sei? Preferisci le classiche o i grandi giri? Preferisco le classiche, o almeno credo, anche se nei giri a tappe c’è sempre qualche percorso che mi si addice. Mi piacciono le corse dure, quando il gruppo è ridotto e c’è comunque una sorta di volata. Non sarò mai uno sprinter puro perchè non sono abbastanza veloce, ma nei giorni più duri quando i velocisti puri si staccano…bhe questi sono i miei giorni.

 – Al Tour of Utah hai vinto una tappa davanti ai tue due amici-rivali, Alex HowesTaylor Phinney. Ci puoi raccontare di questa fantastica giornata? E’ stata una vittoria incedibile e condividerla con due veri amici ha significato molto per me. Siamo molto legati, ma siamo anche molto competitivi e infatti ognuno di noi ha dato il tutto per tutto fino al traguardo. Alla fine ho avuto io le gambe per spuntarla su Alex e Taylor.

 – Nella Trek-Segafredo vivrai a fianco di atleti come Fabian Cancellara. Cosa ne pensi? Ogni campione ha un diverso approccio allo sport, all’allenamento, alle corse. Spero di imparare molto dalla loro esperienza. 

 – Chi ti è sembrato il più forte in gruppo nel 2015? Il ciclismo è uno sport fatto di alti e bassi: un giorno sei il campione del mondo, il giorno dopo fatichi a finire una corsa. Nessuno riesce a primeggiare ed essere il più forte per tutto l’arco della stagione. E’ anche per questo che amo lo sport. 

 – Nel 2014 hai corso la Milano-Sanremo e le Strade Bianche, mentre nel 2015 hai affrontato le Tre Valli Varesine e Il Lombardia. Ti piacciono le corse italiane e la nostra cultura ciclistica? In Italia si mangia sempre bene e i percorsi sono davvero difficili. In ogni paese c’è uno stile di gareggiare nel gareggiare e ci vuole sempre un pò ad adattarsi alle nuove situazioni. Spero comunque di correre di più in Italia in questo 2016.

 – Ciclismo europeo e ciclismo americano. Che differenze ci sono? Sono simili sotto alcuni punti di vista, ma sono diversi in altri. Di sicuro sono entrambi difficili. Credo che quando il ritmo della corsa è alto e frenetico, sia le gare europee che quelle americane sono equamente difficili. In Europa però non ti puoi mai rilassare neanche nei tratti più facili, a differenza delle gare americane, soprattutto per la diversità delle strade che si restringono e si allargano di continuo. Diciamo che solo in america puoi prenderti il tuo momento di pausa mentre stai gareggiando.

Kjel Reijnen

 – Come ti piace allenarti ? Spesso dopo le uscite più lunghe, di 6-7 ore, mi piace fare diversi balzi sulle scale, per mantenere quell’esplosività che ti può far vincere una corsa negli ultimi chilometri. Mi piace molto anche allenarmi in palestra e soprattutto tagliare la legna. Sembra strano, ma tutto ciò mi serve per rimanere bilanciato fisicamente, perchè pedalare ogni giorno ti rende più vulnerabile ad un qualsiasi tipo di infortunio.

 – Riesci a seguire bene la dieta o hai qualche problema? Non sono troppo rigoroso con l’alimentazione, perchè credo sia meglio fare tutto con moderazione. Si forse potrei fare un lavoro migliore da questo punto di vista, ma credo sia più facile mantenere un’alimentazione regolare per tutta la carriera, senza esagerare nel bene e nel male. Ad essere troppo rigidi e restrittivi si rischia poi di esplodere.

 – Preferisci il ciclismo del passato o quello moderno? Credo che gli anni 50′ siano stati i migliori, o forse anche prima. Quando dovevi prenderti cura di te stesso, quando non dovevi preoccuparti dei tuoi watt pro kilo. I ciclisti di quel tempo erano molto alla mano, erano anche meccanici e cuochi, completamente autosufficienti. Si trattava semplicemente di perseveranza e sopravvivenza piuttosto che scienza.

 – Chi era il tuo idolo da bambino? Quando iniziai a correre da ragazzo guardavo solo Eddy Merckx. Vinceva qualsiasi tipo i corsa, dalle volate in pianura alle tappe di montagna più difficili, conquistava sia le corse di un giorno che le corse a tappe. Adesso i ciclisti hanno un approccio totalmente diverso perchè scelgono solamente le corse più adatte alle loro caratteristiche e la preparazione è tutta in funzione di uno o due obbiettivi stagionali. Ma penso che ogni volta che tu attacchi il numero sulla schiena dovresti gareggiare dando tutto quello che hai, senza preservare energie. 

@carloberry

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