Inferno, Canto 3. No, non è la Divina Commedia, è qualcosa di ancor più trascendentale, romantico e ignorante allo stesso tempo. E’ la corsa delle corse, il giorno dei giorni: è la Parigi-Roubaix. E noi di Solowattaggio siamo saliti per la terza volta nella nostra esistenza per assistere alla gara preferita dallo Swatt Club insieme a Kitzbhuel. Come lo scorso anno ecco il racconto della nostra Paris-Roubaix.
Lo scorso anno la pattuglia Swatt Club era formata da 4 personaggi ed è stata affrontata su due giorni, mentre quest’anno per impegni personali la flotta si è ridotta ad una sola persona (Me, Carlo / Berry / il Prez) in una sola giornata. La pianificazione della Roubaix è la cosa più delicata da affrontare: ogni secondo è fondamentale e ogni dettaglio dev’essere studiato alla perfezione, dalla tabella di marcia alle merendine nell’auto. Con grande anticipo (Sabato mattina alle ore 6.30) prenoto i voli: partenza alle ore 6.30 di Domenica da Milano Malpensa con Easyjet, ritorno da Charles de Gaulle alle ore 21.00 di Domenica con Air France. Già dal piano di volo dovrò pianificare una cronotabella dove anche le pause toilette saranno cronometrate. L’Inferno è già iniziato.
Dopo un Sabato dedicato alla divulgazione dello Skiporn in mattina, un pomeriggio passato a fare squat con sci da telemark e una serata con la cena sociale del Circolo Sciatori Madesimo, vado a letto al’1 di notte. La sveglia è tre ore dopo, alle 4: il tempo di alzarsi di colpo, barcollare fino al bagno, bagnarsi la faccia, lavare i denti con foga, cambiarsi e prendere lo zaino ed è già tempo di volare. Aereo in perfetto orario e atterraggio con applausi all’italiana (Ammettiamolo, amiamo tutti questo momento) ed è subito tempo di ritirare la Citroen a noleggio. Ore 8.21 il catorcio è già in movimento, dopo soli 30″ un taxista suona il clacson, dopo 1′ un’altra auto suona con veemenza: “Non ho tempo da perdere, sto andando a Compiegne”.
Ore 9.15 parcheggio, tiro fuori dallo zaino le macchine foto e mi dirigo verso l’area riservata ai media senza pass, scavalco e vengo fermato subito: il “Stavo cercando un bagno” non funziona. Allora mi faccio un Pain au Chocolat, ed è subito foodporn. Ritorno all’are riservata, cercando uno spiraglio nascosto ma niente da fare, ASO non permette sgarri. Allora mi dirigo ai pullman per fare qualche scatto ai corridori. “Heino” scambia parole con tifosi australiani e da vero signore qual’è, Ivan Cortina controlla la pressione dei tubolari, Gianni Moscon chiede alla responsabile Oakley i nuovi occhiali mentre sul bus del Team Sky, dopo alcuni brani dal sound rivedibile, arriva “L’Amour Toujours” di Gigi D’Agostino. “E’ il nostro inno prima delle gare” ci spiega qualche secondo dopo il Trattore della Val di Non.
Greg Van Avermaet si avvia dorato verso lo start, mentre Niki Terpstra passa fra i tifosi fischiettando con arroganza per chiedere passaggio. Questo corridore è l’esempio che non bastano le grandi vittorie per essere amati dai fans. Poi arriva Peeters sull’ammiraglia Quick-Step usando il clacson ad ogni respiro: è ora, sono le 11, si parte! Mi dirigo con velocità verso la Citroen e parto in direzione di Troisville per il primo tratto in pavè.
Ore 12.55 parcheggio e corrono nei campi per trovare la posizione ideale per uno scatto. Come sempre i primi 200 metri di piastrelle nordiche sono un vero chaos, ma quest’anno lo sono ancor di più grazie ad un manto umido e paltanoso. Non è difficile prevedere un disastro.
Manca un minuto al passaggio. Tempo di leggere gli ultimi gossip e alzarsi dal seggiolino per poi riprendere la lettura.
Dopo soli 300 metri ecco la prima maxi caduta a metà gruppo: 5 minuti di delirio puro! Corridori che scendono dalle bici e corrono per i campi, gente che prova a sistemare ruote e catene, altri si guardano le ferite e ripartono come se nulla fosse accaduto. Benvenuti all’Inferno!
L’adrenalina è indescrivibile, vedere una caduta alla del genere dal vivo è un’esperienza che ti fa ricordare quanto primitivo e crudo sia questo sport. Non c’è tempo per piangere, o si torna in sella o si torna a casa: e’ questa la Parigi-Roubaix. Molto peggio dell’Inferno tanto decantato da Dante. Corro a mille all’ora verso la macchina cercando di rivedere le immagini, salgo in macchina e metto la quinta verso Mons-en-Pevelè. Purtroppo non ho tempo per la Foresta di Arenberg, non posso perdere l’aereo (l’ufficio il Lunedì chiama). Dunque scelgo un piano di viaggio più “tranquillo” evitando la parte più emozionante della corsa. Arrivo a Mons-en-Pevelè con un buon anticipo e dunque mi godo il tifo fiammingo in piena festa. Grigliate a fiamma viva, camper, bauli delle auto aperti con televisori sopra le casse di birra, giovani e senatori presenti, famiglie sdraiate nel fango per una merenda domenicale. Che Domenica di sport, che popolo, che cultura!
Ed eccoli gli elicotteri, ecco l’adrenalina che sale. Ci prepariamo ad un passaggio storico, Peter Sagan che vola verso la sua prima Roubaix.
Passano tutti, la gente torna alle TV, altri si dirigono a casa. Guarderanno la replica in serata, tanto ormai il risultato è già scritto nonostante manchino 4 settori ancora. Mi dirigo alla Citroen, accendo lo streaming su Eurosport, esplodo per Sagan, volo verso l’aereoporto. E’ la terza Roubaix di Solowattaggio, la prima di Sagan. Tutto il resto è storia e ricordi. Ha vinto il più forte ed è stata un’altra Domenica di sport. Grazie ancora Paris-Roubaix. Ci vediamo il prossimo anno, magari con una griglia e un camper.