Il tifoso lombardo non ama farsi notare. Ama scrutare, ama girare i luoghi sportivi osservando e commentando a bassa voce, o borbottando con i suoi compaesani. Rimane a fissare le cose per lunghi istanti, non ama visualizzare in modo fugace, ama i dettagli. Il tifoso lombardo ha sempre le mani incrociate dietro la schiena. Il tifoso lombardo ha tutte le caratteristiche de “Il Lombardia”: silenzioso, duro, poco glamour. Ma è sempre una sentenza.
Si presenta alla partenza delle corse Pro in due versioni: in bici da corsa con il completo della sua squadra del paese o in borghese, spesso con la graziella e il sacchetto del pane appena ritirato. Solitamente si aggira in solitaria senza scomporsi, per poi raggrupparsi con i suoi simili alzando il tono di voce e cadendo nei classici discorsi da bar. E’ in quel momento che li tifoso lombardo raggiunge il picco di euforia e dove può sfoggiare tutto il suo vocabolario di frasi fatte sul ciclismo. Di solito sono più i commenti negativi che quelli postivi: “L’è minga bun!”.
Il tifoso lombardo non è come il belga, non conosce tutti i corridori. Conosce molto bene gli italiani, con gli stranieri fatica abbastanza. Sarà per la difficoltà di alcuni cognomi, sarà perché crede fermamente nella scuola ciclistica italiana. O forse perché preferisce dire “lo spagnolo”, “il danese”, “il belga”, “il francese”.
Non si rivolge mai ai giovani con sorrisi o incitamenti, preferisce dirgli di pedalare forte perché non c’è più tempo per divertirsi con i Pro. Il rapporto con i corridori d’esperienza invece è completamente diverso, sembra di vedere dei vecchi compagni di banco riuniti dopo diversi anni.
Per il tifoso lombardo non ci sarà mai più un corridore come il Gianni. Non il Moscon, il Bugno.
L’articolo davanti a nomi e cognomi è d’obbligo, ma sono vietati i soprannomi: “Il Vincenzo non c’è oggi!” esclama un uomo sulla cinquantina mentre pedala su una monuntain bike con la maglia della CSC, i guantini della Lampre e le braghe del suo gruppo sportivo. Perché alla fine il tifoso lombardo è sempre fiero di sponsor come Grafiche Casbot, Eurocasa o Ceruti Trafileria.
Dice che ai tempi andavano di più e le corse erano più dure, ora sono tutti più fighetti. Potrebbero pensare che il bikeporn sia una qualche rubrica della rivista Playboy, non una corrente ciclistica moderna. E le foto non le fanno quasi mai.
E’ da sempre amante della maestria dei vecchi costruttori di telai, perché per lui le bici degli anni ’70 e ’80 performavano meglio, erano opere d’arte, non quei cancelli moderni così grossi e storti. Il tifoso lombardo ama le bici Colnago (o forse Ernesto) e i gruppi Campagnolo. Quando vede le bici dei professionisti tasta i tubolari, magari esclamando “Troppa pressione” o scuotendo il capo, quasi a dire che di questi tempi non esistono più i meccanici di una volta. Perché alla fine il tifoso lombardo ama quel ciclismo fatto di maglie di lana, capellini e scarpe di cuoio. Anche se alle gare si presenta sempre, senza farsi notare. Forse lo sentirete dagli “Eeeh alura” a bordo strada.
Il tifoso lombardo è libero di andare a seguire le corse, ma sa anche che deve tornare a casa il prima possibile perché c’è una polentina da mangiare e c’è un giardino da curare. Niente post gara, niente party alla belga, niente esasperazione del tifo. Solamente puro ciclismo, solamente pedalate da vedere senza grandi clamori. Al passaggio dei corridori non sempre applaude e raramente grida cori di incitamento: è immerso completamente nell’osservazione ossessiva dell’atto ciclistico. Tornerà a casa e parlerà con la moglie di tattiche sbagliate, atleti che non allenano determinate caratteristiche, che dormono, che non attaccano e gli confermerà ancora una volta che “Baronchelli era un vero corridore, non questi.”
Il tifoso lombardo è unico nella sua specie. Venite sul Sormano a vederlo, è parte integrante della classica delle foglie morte. Il tifoso lombardo è Il Lombardia.