I viaggi sono una delle cose più belle che lo sci possa regalare. Ed è interessante anche perché si può trovare di tutto: paesaggi da cartolina, popolazioni mentalmente aperte o totalmente chiuse, cibi da favola o da vomito, alberghi 5 stelle o scantinati. Mi sembrava opportuno dunque raccontare le trasferte sciistiche al di fuori dello stivale italiano. Come si vivono questi viaggi, cosa si vede, come si gareggia al di fuori dell’Italia, che persone si incontrano, che cosa si mangia, dove si dorme. Non saranno racconti in stile agenzia di viaggi, ma scoprirete la parte più trash e divertente delle trasferte oltre confine. Partiamo con il Giappone, una meta sciistica ambita soprattutto da coloro che amano la neve fresca e i fuori pista, di certo non dai gigantisti che vogliono provare a portarsi a casa qualche punto FIS.
Lo scorso Febbraio dopo l’ennesima gara annullata in Europa capii che la trasferta nipponica poteva accompagnare solo e dunque in pochi giorni ho organizzato viaggio, spostamenti e alloggi per andare a competere in alcune gare di gigante valide per il circuito continentale asiatico, chiamato Far East Cup. L’organizzazione dei giapponesi è palesemente avanti anni luce rispetto alla nostra e lo si capisce proprio in fase di prenotazione grazie anche all’aiuto del buon Michihiko Nakamura, capo del comitato organizzatore.
Come sono le gare della Far East Cup? Strane, molto strane. La neve è completamente diversa da quella europea ed è molto più scivolosa e soffice. I terreni nella maggior parte dei casi sono pianeggianti e molte volte sono ottimi per organizzare gare di sci di fondo. Ma nel complesso sono divertenti, anche perché l’ambiente è molto tranquillo e sereno. Il livello medio è chiaramente inferiore rispetto a quello italiano ed europeo, ma se non si riesce a capire e interpretare la neve ci vuole veramente poco per essere battuti da gente che parte 80 numeri dopo e che non ha un’idea ben chiara di cosa possa essere lo spigolo. La sensibilità e la scorrevolezza dei piedi fa la differenza in questo circuito, dunque lasciate a casa la vostra sciata da Gran Risa. Al traguardo non troverete mai atleti che si lamentano del manto nevoso e della tracciatura. Si narra che gli slalom vengano tracciati con porte distanziate di 5-6 metri per favorire l’agilità e la rapidità di questi samurai, ma è solo una leggenda metropolitana.
E gli atleti come sono? Sono tranquilli e simpatici, ma non capiscono una parola d’inglese, in particolare quelli che vivono confinati 365 giorni l’anno nell’arcipelago giapponese. E soprattutto ridono 24 ore su 24. (O forse ridono perché non sanno come rispondere ad un “How was your first run?”). In quanto a stile sono incredibili: abbondano le divise variopinte della Phenix e le tutine hanno grafiche talmente moderne che gli europei potrebbero considerarle un po’ troppo anni ’90. La maggior parte degli atleti indossa scarponi Rexxam, reputato dai ragazzi giapponesi un brand più importante di Nike o Adidas. Coloro che calzano scarponi di una marca differente sono considerati dei traditori. I più patriottici poi usano esclusivamente gli sci e i bastoni futuristici prodotti da Ogasaka. Per un’atleta europeo non è cosa gradita essere battuto da gente che utilizza questo armamentario.
Come sono gli alberghi? Nelle stazioni più importanti e più grandi non mancano gli hotel in pieno stile Europeo, mentre nelle località più tradizionali come Nozawa Onsen si dorme alla giapponese, per terra. Un’esperienza bellissima per chi vuole immergersi al 100% nella cultura nipponica, meno divertente invece per coloro che hanno problemi alla schiena e preferiscono un bel materasso. I cessi riscaldati invece sono pura avanguardia.
Come si mangia? Per gli amanti del sushi e del sashimi potrebbe essere il paradiso, ma dimenticatevi Temakinho di Milano. Il 90% delle volte negli alberghi si mangiano piatti che sono così difficili da interpretare e definire che è meglio non sapere cosa si sta ingurgitando. In ogni caso sono tutti buoni. Alle 6 di mattina è d’obbligo la zuppa di miso e il gohan, il riso bianco giapponese, mentre nel pre-gara è praticamente impossibile non fermarsi al bar per mangiare un dorayaki, una sorta di pancake ripieno di una salsa di fagioli. O almeno così dicono.
Ci vediamo alla prossima puntata, dove parleremo della Svizzera.