Fabio Aru, il vincitore del Tour de France 2017

Mancano pochi giorni all’evento dell’anno: la Gran Boucle, la corsa di bici più importante al mondo. Un evento in grado di segnare l’infanzia di ognuno di noi, quei caldi pomeriggi di luglio trascorsi ad ammirare le gesta dei propri idoli con un’anguria in mano sotto l’ombrellone. Lo scorso anno l’apertura fu qualcosa di trascendentale, una ricostruzione a Utah Beach sui carri americani dello sbarco in Normandia, dove il protagonista assoluto fu Peter Sagan. Sabato a Dusseldorf  vivremo emozioni simili, perché il Tour è qualcosa di unico, è l’essenza delle due ruote, il luogo in cui il bikeporn raggiunge il massimo stadio ogni anno.

Il lotto dei pretendenti mai come in questa edizione sembra essere aperto, complice soprattutto la mancanza di Watt fatta vedere al Delfinato da parte di Christopher Froome. La superiorità che l’inglese non è riuscito a dimostrare a pochi giorni dal via, contrariamente agli ultimi anni, ha caricato ancor di più i suoi avversari, da Quintana, Porte, Contador, Fuglsang, fino a Fabio Aru.

Fabio Aru, il Cavaliere dei quattro mori, laureatosi Campione Italiano ad Ivrea grazie ad un’azione da ciclismo eroico. Il suo scatto sulla salita della Serra ha fatto più male agli avversari in mondovisione, piuttosto che a Gianni Moscon, l’ultimo a cedere. Un Fabio Aru tirato come mai, protagonista di una menata delle sue, con le spalle ad accompagnare una gamba piena di Watt, e la classica mascella di un pugile che non sente i colpi degli avversari. Un messaggio chiaro: il sardo vuole il Tour.  Il ritmo imposto ci ha dato la prova che sarà dura per tutti staccarlo in salita.

Può sembrare paradossale, ma l’infortunio capitatogli  a Sierra Nevada potrebbe rivelarsi la sua fortuna. In un Giro così atipico avrebbe avuto uno scoglio insormontabile con tutti quei Km a cronometro, cosa che non troverà in Francia. Lo scorso anno disputò un grande Tour, macchiato solamente da una crisi all’ultimo atto sullo Joux Plane, ma questi incidenti fanno parte del ciclismo, soprattutto in giovane età. Perfino Vincenzo Nibali sull’Alpe d’Huez quando indossava la maglia bianca al Tour 2008 accusò più di venti minuti in seguito ad una crisi.

Sarà un mese intenso, comunque vada, per noi lo hai già vinto questo Tour de France, quei trenta secondi di vantaggio sulla Serra sono stati il regalo più bello, il vero inizio per entrare nel club dei grandi. Ci vediamo a Parigi Fabio.

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