Lo sci è uno di quegli sport in cui è difficile nascondersi, nel calcio esistono gli allenamenti a porte chiuse, nel ciclismo i grandi campioni si incontrano solamente nei loro fuori soglia finali delle corse, nel fondo c’è chi si allena in solitaria con una pila sulla fronte. Lo sci invece è schiavo del terziario avanzato, di un’industria che talvolta è pronta a fare spazio ad un movimento che crea desiderio al grande pubblico, perchè bisogna dirlo, il turismo vero lo ha creato Alberto Tomba con le sue gesta. E’ stata la bomba bolognese la molla in grado di dare ossigeno alla passione della massa proveniente dai grandi centri urbani.
In questa due giorni di gare a Sankt Moritz ho avuto l’occasione di seguire diverse atlete, ognuna proveniente da nazioni diverse, ognuna con la sua storia, storie da raccontare. Giovedì ecco arrivare in Engadina Mikaela Shiffrin. Scendo dalla seggiovia e vedo il fenomeno americano dialogare con la madre in pista. In genere nelle famiglie si discute a casa, questa coppia invece è formidabile. Vivono il loro rapporto madre-figlia in pista e le pause nei loro dialoghi vengono scandite da qualche curva in campo libero. Ci sono atleti che vengono adorati, altri copiati, poi c’è Mikaela Shiffrin. Mikaela viene emulata, o meglio, molti millenials vengono cresciuti dai loro allenatori sul modello Shiffrin. Pazzia? Nessuno può dirlo. Certo una cosa salta all’occhio: viviamo in un epoca in cui i ragazzini macinano pali su pali, vanno in Olanda nel capannone ad autunno inoltrato quando i ghiacciai sono in condizioni impeccabili e poi c’è Mikaela. Vederla discutere di tecnica con la madre e provare in campo libero nuove soluzioni è uno spettacolo. Tre curve, pausa, due curve pausa, un’occhiata alla madre e giù di nuovo continuando con i suoi lavori di percezione. Venerdì il suo mood era sciare accentuando l’entrata del “ginocchietto” interno. Chiamala se vuoi esasperazione.
Poi c’è Federica Brignone, la gigantista del millennio. Non l’abbiamo mai vista buttare i piedi da quella qualifica a Solden tanti anni fa ormai. Sempre scortata dal fratello Davide e motivatissima a fare bene nel superg, senza snobbare il parallelo. Sembra aver raggiunto una maturità tale da poter pensare alla generale, ma prima è meglio portare a casa il pettorale rosso. Manca dai tempi di Denise Karbon, ma la Fede ci stupirà. Chiamala se vuoi esasperazione.
Con la coda dell’occhio scorgo Ester Ledecka, proprio lei, la campionessa uscita dal buio. Perchè alzi la mano chi non ha spento la TV tornando a letto dopo la discesa di Anna Fenninger alle Olimpiadi di Peyong Chang. Seguo la ceca, sono sulla scia della campionessa olimpica arrivata dallo Snowboard. Saltano subito all’occhio i suoi movimenti, è un assorbimento continuo nel cambio. Ci hanno sempre insegnato fin da piccoli a distenderci verso l’alto a fine curva, una vera macchia vista anche sul piano di Beaver Creek i nostri gigantisti cucciuti nel “pompare” verso l’alto. Bastano invece due curve dietro questo fenomeno per notare quanto lo snowboard le abbia dato movimenti che si adattano alla perfezione ai nuovi materiali e alla tecnica moderna. Movimenti innati grazie ad un altro sport, chissà se vedremo in futuro gli sciatori praticare lo snowboard in estate. Chiamala se vuoi esasperazione.
E Lara Gut- Behrami? Anche questa volta ha dimostrato la differenza tra un Campionessa ed una brava sciatrice. Un’estate tormentata la sua dopo il matrimonio con l’asso dell’Udinese Valon Behrami. In Svizzera c’è chi non la vorrebbe più nella nazionale, sirene di un possibile ritiro, mentre in Ticino c’è una fazione che proprio non la sopporta. Vedendola nell’allenamento del venerdì si poteva preannunciare una debacle, ma ecco uscire la vera Lara. Un superg perfetto, un podio scaccia crisi nel momento ideale. Brava Lara, ma ritorna su Instagram, c’è bisogno del tuo Skiporn. Chiamala se vuoi esasperazione.
Una cosa che abbiamo capito in questi anni è questa: i grandi campioni possono apparire persone dedite all’esasperazione e all’esercizio fisico. In realtà la loro esasperazione non è altro che dedizione ad una passione iniziata infilando per la prima volta gli scarponi. L’esasperazione, un ideale da perseguire quotidianamente. Che le classiche abbiano inizio, quindi attenzione: lavori in corso.