Confronto assurdo tra sport individuali diametralmente opposti, lo sci alpino ha ancora problemi di comunicazione

@Michele Garbin

Solowattaggio è nato ormai 11 anni e mezzo fa, come non tutti sanno, come blog sportivo. Il nostro intento è sempre stato quello di raccontare lo sport con una visione differente, derivante sì dall’esperienza che abbiamo avuto come atleti, ma soprattutto dalla passione, quasi ossessiva, che abbiamo verso le attività che pratichiamo o abbiamo praticato.

Negli anni abbiamo sempre criticato o fatto notare le difficoltà che lo sci alpino avesse nel comunicare i suoi valori, scomparendo totalmente da aprile ad ottobre, i mesi in cui la Coppa del Mondo non prende parte. E’ vero, si tratta di uno sport stagionale praticabile solo su pendii innevati, ma la sensazione che ogni anno si ha è che l’intero movimento si addormenti con le finali e si risvegli l’ultima settimana di ottobre, prima dell’opening di Soelden.

Qualcuno prova a sopperire questo silenzio, con la scrittura di qualche articolo sulle testate giornalistiche di settore o qualche post Instagram con qualche video di allenamento. La stessa FIS sembra abbia fatto dei passi in avanti grazie alla produzione di video brevi che riportino qualche spezzone di allenamento delle varie squadre nazionali o qualche quiz a domande, al fine di rendere i personaggi interessanti anche fuori dalle competizioni esaltando il loro lato umano, ma non sembra ancora abbastanza.

Pure l’euforia per il ritorno in gara di Hirscher e Braathen sembra sia stato un fuoco di paglia relegato al mese di maggio. Sia chiaro, salteremo di nuovo tutti sul divano rivedendoli con il pettorale addosso quest’inverno, ma la loro produzione di contenuti durante questo periodo estivo è stata decisamente insufficiente. Il primo, dopo aver ricevuto la wild card dalla federazione internazionale, ha avuto la chance di balzare a piedi pari le gare già prefissate nel circuito dell’Australian New Zealand Cup, che gli sarebbero state necessarie per abbassare i punti. Dal punto di vista multimediale si è limitato al video di un paio di curve di slalom e due righe sui social su quanto sia andato bene il suo camp di allenamento. Lucas Braathen d’altro canto ha interrotto la produzione di contenuti sul suo canale YouTube, pubblicando qualche post con due foto in pista e poco altro.

Opinione personale? Un’occasione sprecata. Se l’ambiente non riesce a farsi sentire fuori stagione neanche sfruttando le due massime icone mondiali che lo rappresentano, che tornano alle gare dopo uno o più anni di inattività, c’è poco da sperare per gli anni a venire.

Fatta la dovuta introduzione, decisamente più lunga del solito, veniamo al succo del discorso, sviscerando il tema enunciato nel titolo e mettendo a confronto lo sci alpino con un altro sport individuale: l’arrampicata sportiva. Sulla carta totalmente differenti, sci e arrampicata funzionano in maniera simile e come per tutti gli altri sport sono gestiti da un’ente internazionale: FIS e IFSC. Gli atleti gareggiano in Coppa del Mondo con i colori delle proprie federazioni e in Coppa Italia con i colori dei gruppi sportivi o delle ASD. Sebbene richiedano capacità fisiche molto differenti tra loro, sono sport altamente tecnici, dove anche il piccolo errore commesso in una frazione di secondo può mettere l’atleta fuori dai giochi.

Il confronto in questione ha preso spunto da un video che il campione olimpico di Parigi 2024, Toby Roberts, ha pubblicato sul suo canale YouTube (66 mila iscritti contro i 7 mila di quello di Braathen), lungo la bellezza di 1 ora e 10 minuti dove spiega per filo e per segno la preparazione che ha eseguito in vista dell’appuntamento Olimpico. Piccola digressione, l’atleta in questione è classe 2005 e pubblica regolarmente video di allenamento di 20 minuti ogni 10 giorni. La domanda che sorge spontanea è, ma se un atleta top di sci alpino facesse lo stesso, potrebbe raggiungere lo stesso seguito?

Il paragone potrebbe essere senza fondamento, poichè l’arrampicata può essere considerata uno sport annuale e molto più accessibile alla popolazione, soprattutto visto il boom di praticanti che ha avuto dopo che è diventata sport Olimpico in vista di Tokyo 2020, evento che ha portato alla nascita di numerosi poli in tutto il mondo dove praticarla. D’altro canto invece, la creazione di contenuti che riescano a sviscerare meglio l’attività degli atleti e la loro personalità anche fuori stagione aiuterebbe a mantenere accesa la miccia anche per lo sci alpino.

Se non sono gli atleti stessi a provvedere a ciò, nonostante porterebbe un maggior interesse all’ambiente di cui potrebbero giovare, ci vorrebbe qualcuno di esterno che si prenda la briga di andare ad intervistarli, anche solo in seggiovia per andare a scovare i tratti particolari di ognuno. Ci aveva provato Warner Nickerson, ex atleta della nazionale USA, appena prima del covid, con la sua rubrica “Kicking it with a badass” ancora presente su youtube. Rubrica con cui andava a trovare gli atleti nelle loro sessioni di allenamento, Robinson e Pinturault su tutti, facendo loro domande diverenti e interessanti quali “quant’è il tuo massimale di squat” o “chi dei tuoi avversari non vorresti incontrare sul ring”, salvo poi concentrare le sue risorse da YouTuber su altri progetti.

Paragonando la questione all’arrampicata sportiva, c’è un altro ex atleta che si è dedicato alla creazione di contenuti finita la carriera di atleta. Un certo Magnus Midtboe, il cui canale al giorno d’oggi conta solamente 2,380,000 iscritti. Si, due milioni e trecentottanta mila iscritti ad un canale che parla al 90% di arrampicata.

Sarebbe davvero impossibile che una cosa simile accadesse nello sci alpino? Che un addetto ai lavori qualunque che conosca l’ambiente e abbia un po’ di capacità da “influencer” riesca a raggiungere anche solo un terzo della popolarità di Magnus? Chi lo sa.

Abbiamo ormai detto troppe volte come lo sci sia uno sport difficile da capire, fatto da dinamiche intrinesche e radicate negli anni che talvolta faticano a permettere una libertà di espressione come invece succede in un ambiente più naif come quello dell’arrampicata. Sotto sotto noi speriamo che le cose possano cambiare, che lo sport da cui proveniamo possa esprimere il suo potenziale anche fuori stagione, provando magari a dare qualche input che vada al di là della mera critica o constatazione dei fatti, augurandoci sempre che almeno in termini di immagine possa prossimamente cambiare qualcosa.

One Response

  1. Alessandro says:

    Si potrebbe estendere questo discorso anche al divario mediatico che c’è tra olimpiadi estive ed invernali. É vero che le prime si svolgono in un periodo dell’anno molto più favorevole e le discipline sono più praticate però sembra proprio che ci sia rassegnazione e che il divario sia incolmabile, nonostante si siano svolte in Italia “soltanto” 18 anni fa.
    Nutro grandi aspettative sulle prossime Olimpiadi sperando che faccia da volano anche per un miglioramento generale della percezione degli sport invernali.

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