Swatt Club: Adrenalina e Pragmatismo

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Qual è il motivo della nostra esistenza come Swatt Club? In un weekend lo abbiamo capito. Siamo negli anni ’20, dominati dall’influenza di persone che nemmeno conosciamo, ambasciatori, dove nemmeno la “carta canta” più ormai, dove un’immagine ci dice tutto e niente, non importa chi l’abbia scattata e in che modo. Non importa il prima e il dopo di quell’attimo, se c’è verità o finzione, non importa se c’è vera ispirazione. Quello che vediamo in quell’istante ci guida. Sapete perché siamo nati dunque? Perché lo Swatt Club mira alla concretezza, pensa al prima e al dopo di ogni frammento. Amare lo sport significa farlo, non creare un’immagine di esso: non basta solo Instagram, serve l’attività pratica.

La dopamina è droga maligna del nostro tempo, l’adrenalina è la nostra cura. La dopamina è effimera e ti da una botta, crea dipendenza in modo autonomo. Ed è il sinonimo più azzeccato di solitudine. L’adrenalina rimane indelebile nella memoria ed è condivisibile, va costruita a suon di numeri sulla schiena, botte, insoddisfazioni e fatica. Ma è l’unica via per scolpire nella vostra anima qualcosa di significativo. Tutto ciò che vedete sui media è dopamina e dunque finzione nella maggior parte dei casi, tutto quello che fate sul campo è verità e adrenalina. Noi vogliamo portarvi sulla strada, sulle tribune, come abbiamo fatto negli ultimi due fine settimana fra Giro e Monza. Magari non vivrete il sogno, non vivrete la giornata perfetta, non sarà come ve lo aspettavate: la realtà ammazza le aspettative. Ma è meglio vivere di realtà piuttosto che di supposizioni, immagini fittizie e speranze.

Fare sport senza gareggiare è un po’ come consumare l’album del vostro artista preferito su Spotify senza poi andare ad ascoltarlo dal vivo. C’è il pragmatismo di una voce più umana e meno celestiale, c’è l’errore di ritmo e il ronzio delle persone, c’è la pioggia magari e l’audio delle casse che non vi entra nel vostro apparato uditivo come le vostre cuffie Beats. Ma c’è la condivisione della realtà, c’è verità, c’è il movimento del corpo e la frenesia che solo in una location adatta ha modo di esistere, non sul vostro divano.

Le gare sono la stessa cosa. Non c’è individualità e bellezza pura, è un’attività pratica che vi rimarrà nella mente per altre cose: una borraccia al rifornimento, una mano sulla schiena per dire “vai tu”, un braccio che si alza in modo manesco per dire “vai a quel paese”, un grido di incitamento, scuotere la testa per il dissenso, la vena chiusa, un compagno che vi dice “sei un chiodo”.

Rompere i preconcetti e tutti quei sistemi vecchio stampo ormai impiantati nello sport italiano, smettere di pensare che ci siano persone “forti” e “scarsi” per rompere definitivamente la linea che separa invasati e turisti per una visione di sport come pratica di gruppo improntata a lasciare qualcosa alle persone: adrenalina. Non una gita, non una scampagnata, ma una vera e propria esperienza fra la voglia di dominare e la paura di essere dominati in questa struttura social sportiva che ti mette le catene. Non la soluzione, ma una via parallela meno invasiva e agonisticamente più facile dello sport professionistico, ma con la stessa ideologia. Gareggiare può essere magia pura, il giorno dei giorni, oppure può fare schifo, tanto schifo.

Dobbiamo guardare ad un futuro di pragmatismo sportivo: dite no all’influenza di persone che fingono, dite si al realismo del gareggiare, dite si all’adrenalina come unica risorsa del vostro organismo. Si all’adrenalina, no alla dopamina.

Vi aspettiamo per un altro weekend di gare.

PS: Poi potreste anche essere come il tipo con la barba che, mentre si trovava in coda da Starbucks per caricare, mi ha chiesto di cosa scrivessi e mi ha risposto: “Io scrivo di videogiochi, di sport non capisco nulla. Comunque Daje”.

 

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