Alberto Bettiol ha vinto il Giro delle Fiandre, una gara che ti manda in Paradiso. E proprio li, in Paradiso, ci sono arrivati migliaia di giovani appassionati che hanno visto la cavalcata epica di questo 25enne senese. E mai come in questi giorni vorremmo essere degli adolescenti, ancora in grado di essere malleabili e suscettibili alle emozioni in modo permanente. Perché è così, è una scienza che non è mai stata provata, ma è così: i propri idoli vengono scelti e presi con se in questa giovane età ancora incolume a pregiudizi e provincialismo, ancora pura e vera. La scienza lo dice, Bettiol non potrà essere il nostro idolo perché a 25, 30, 40 o 50 anni ormai è troppo tardi per scegliersi un idolo, c’è solo da ammirare, applaudire e brindare proprio come abbiamo fatto Domenica.
Noi i nostri idoli li abbiamo trovati anni fa, quando guardavamo il Tour de France al mare durante le vacanze estive, quando Ballan partiva in solitaria a Varese con Cunego e Rebellin a coprire dietro, quando Pippo sprintava davanti a Boonen, quando Maggio coincideva con le ultime settimane di scuola e le tappe magiche del Giro Li abbiamo trovati in quel periodo storico, quando tutto sembrava così nuovo e intatto, quando ogni piccolo gesto ci ha segnati per sempre facendoci esclamare una parola che scolpirà poi il nome di un’atleta nella vostra mente: “Sei il mio idolo”.
“Sei il mio idolo” è come dire ti amo ad una ragazza, sapendo che non potrai e non dovrai tradirla. “Il mio idolo è Merckx”, “Il mio idolo è Sagan”, “Il mio idolo è Van Avermaet”, “Il mio idolo è Nibali”, “Il mio idolo è Boonen”. Non è come scegliere un partito politico, è come crearsi una propria religione e andare in Chiesa ogni Domenica consapevoli del fatto che ci sarete nel bene e nel male, nelle vittorie e nelle sconfitte. “Sei il mio idolo” è quella dichiarazione che costringe benevolmente la gente ad andare sulle strade, a prendere aerei, a comprare maglie, cappellini, sciarpe, bandiere. “Sei il mio idolo”, o forse amico, o forse fratello.
E’ per questo che crescere è brutto, crescere ti fa perdere l’istinto primitivo lasciando spazio ad una finta razionalità che mette KO ogni nuovo stimolo emotivo che potrebbe cambiare i nostri ricordi. E allora ci aggrappiamo al nostro passato, alla nostra adolescenza e ai nostri idoli scovati quando ancora potevamo farlo. Dobbiamo essere generosi e lasciare che Bettiol sia l’idolo di quei ragazzi che stanno scoprendo questo sport per la prima volta nella loro vita.
Se solo avessimo 15 anni, questo sarebbe uno dei momenti sportivi più intensi della nostra vita.
Se solo avessimo 15 anni, avremmo gridato davanti alla TV: ”Sei il mio idolo!”.
Grazie Bettiol, Domenica hai rubato per sempre il cuore e la mente dei nostri giovani sportivi.
Foto @corvos