Nel Novembre 2007, nella FIS NJR di apertura a Livigno, l’ultimo atleta aveva il pettorale 276, Nicholas Iliano. Quest’anno, a Santa Caterina, l’ultimo pettorale aveva il numero 123. Più o meno 150 atleti di differenza. Troppe gare in quel giorno? Se andiamo a prendere le gare di apertura degli ultimi due anni i numeri seguono lo stesso trend: 157 nel 2017 e 116 nel 2016. Forse sono anche aumentate le gare creando così più eventi in concomitanza, ma qua fra donne e maschi mancano più di un centinaio di atleti nella Regione Lombardia. E la situazione è la stessa anche nelle altre regioni. Dovrei fare un calcolo più accurato e matematico per capire veramente il calo del movimento Giovani in Italia, ma potrebbe essere demoralizzante per tutti gli appassionati.
A più di 10 anni di distanza lo si vede nei numeri lo stato attuale dello sci alpino U18. Non stiamo più parlando dell’argomento Senior, quello è il meno dei problemi, davvero. Ben vengano Sette, Iliano e company, ma dove sono i nostri under 18? I nostri under 21? Dove sono quelli che poi dovrebbero diventare senior? E’ un bel problema per lo sci alpino italiano, il bacino di sciatori agonisti più ampio del pianeta.
Ora però non dobbiamo dare colpa al sistema, o almeno non totalmente, sarebbe troppo facile. Anche perché quando si dice “sistema” ci si prende di mezzo tutti, atleti, genitori, allenatori, maestri di sci, politici, Via Piranesi, le aziende. Siamo tutti quel sistema di cui spesso ci lamentiamo.
I numeri nei children salgono, sembra un altro sport, c’è l’esasperazione che non c’è più nelle categorie giovani. Stiamo proprio vivendo l’opposto: sono i piccoli a viaggiare chilometri per allenarsi meglio quando la maggior parte dei giovani in tutti gli Sci Club si accontenta ormai del Sabato e della Domenica per allenarsi sulla loro pista di casa. Se sia giusto l’atteggiamento dei piccoli potremmo parlarne per ore, di sicuro è strano quello dei nostri giovani. Il sistema Sci Alpino va avanti se c’è passione, se c’è amore, se gli atleti guardano le gare di Coppa del Mondo alla televisione, se rivedono i rallenty su Youtube alle due di notte o se si fanno la cacca nei pantaloni una settimana prima della prima gara FIS della loro vita. Lo sci alpino va avanti se i ragazzi si alzano al mattino e vogliono diventare Marcel Hirscher. Il sistema sci alpino va avanti se per prima cosa i vostri figli vogliono diventare sciatori, anche se sanno già di non poterlo diventare. Ma forse dobbiamo dimenticarci del tutto della parola sistema per un momento: qui c’è un “problema” generazionale. In poche parole dobbiamo ancora capire chi abbiamo di fronte.
Si dice che la Generazione Z sia più pragmatica di quelle che l’hanno preceduta. Arrivati a 15 anni, se capiscono che non andranno da nessuna parte, se deducono che lottare per abbassare i punti Fis da 200 a 150, da 80 a 60 o da 50 a 30 non serve a nulla o non è un obiettivo raggiungibile la prima cosa che fanno è abbandonare lo sci per continuare nei loro interessi. A 15 anni hanno già in mente che specializzazione Universitaria fare, non come noi che vivevamo nella piena balia degli eventi controllata dai soli sentimenti e sogni.
Molti di loro, anche se per pochi giorni, hanno già sperimentato il mondo del lavoro. Con quelle poche esperienze forse si sono già immaginati come potrebbero agire in determinati campi lavorativi e magari stanno già intraprendendo un percorso che li porterà in quella direzione. Sono più realisti e meno sognatori. Non si sogna più tutti insieme di diventare Hermann Maier, non si sogna di gareggiare tutti insieme a Kitzbuhel. Ognuno ha il suo obiettivo vitale, molti al di fuori dello sport ormai.
E dunque gli allenamenti di sci e le poche gare sono ormai un passatempo e non più una rampa di lancio che porta verso il Giorno dei Giorni che ogni giovane Millennials sognava? Si. Diciamolo, c’è un po’ più turismo anche nelle squadre agonistiche. Ci sono i professionisti, super competitivi, e ci sono anche i primi giovani amatori.
Forse questo ci dice un’altra cosa: quelli che ci sono, quelli che si allenano perché credono in questo sport, forse loro sono speciali e credono nel loro futuro più di quanto abbiamo mai fatto noi Millennials. Forse, aspettiamo di vedere i primi Z in Coppa del Mondo.
Forse non è solo colpa del sistema o di Via Piranesi se gli under 20 italiani sono la metà rispetto a qualche anno fa.
Forse è solo la natura e l’evolversi delle generazioni che porta lo sci, come altri sport, ad essere una nicchia.
Forse non hanno ancora capito quanto bello sia fare le gare di sci.
Forse sognavamo troppo noi Millennials, ma era bellissimo.
Forse dovreste sognare un po’ di più, Generazione Z.
Basta forse, sciate verso l’infinito e oltre.