Sebastian Vettel, 10: la posta in gioco si abbassa e lui diventa una macchina perfetta.
Villeneuve & co. si sbagliano: gestire un Robottas incazzato come una vipera per tutta la gara non era un gioco da ragazzi.
Insomma, le premesse ci sono tutte.
Il 2018 non si può proprio toppare.
Valtteri Bottas, 6: partenza mediocre, è vero.
Ma, a conti fatti, arriva a 2 secondi da Seb.
E mica con la stessa macchina di Hamilton, eh.
In Mercedes gli hanno tolto certezze ma lui ci prova fino in fondo. Se gli daranno una macchina conforme alle sue caratteristiche, tornerà ad essere un cliente scomodo per tutti.
Rimbambito si, ma fino a un certo punto.
Kimi Raikkonen, 9: che classe.
Lancia bombe sin dalla conferenza stampa del giovedì, per poi perdere l’ennesima vittoria a causa dei soliti due decimi beccati in qualifica.
Nel finale delizia tutti con una lezione di guida da cardiopalma, per poi dichiararsi sorpreso di quanto fosse stato facile difendersi da Prosciutto.
Novantunesimo (91′!) podio in carriera. C’è bisogno di aggiungere altro?
Lewis Hamilton, 9: va (molto) di moda incensarlo, e la rimonta è stata pane per i denti dei suoi adulatori.
Comodo dimenticarsi che il nuovo motore montava palesi specifiche 2018 (ahi, allora) e che la vettura fosse stata preparata appositamente per la gara perché non soggetta alle norme del parco chiuso.
In soldoni, ha sbagliato quando non contava più nulla.
Peccato per le solite sparate da sborone: stava iniziando ad essere quasi simpatico.
Max Verstappen, 5: per una volta la sua Red Bull non va manco a spingerla.
Lui pensa bene di aprire la radio con la frequenza con cui si rompe un motore Honda, frignando come una femminuccia.
Non è mica sempre domenica!
Felipe Massa, 9: lascia ottenendo più di quanto la carretta che guida potesse dargli.
Fortunatamente niente secondo round della sceneggiata 2016. Va là.
La F1 perde una grande persona. Era una bella Ferrari, la sua.
Tommy Govoni