Entri nel mondo dei professionisti con grandi attese, tra le fila di una squadra che si chiama Quick Step, vieni dal ciclocross ed i presupposti per diventare l’idolo dei fiamminghi ci sono tutti. Cerchi fortuna altrove perché trovare spazio nella corazzata di Patrick Lefevere è come pretendere di giocare nel Barcellona e mandare Messi in panchina, trasferendoti alla Europcar. Rischi di vincere una tappa al Giro d’Italia e poi all’improvviso cambi dimensione: ti trasformi in gregario, uno di quelli che menano forte, di fondo e di Watt da vendere. Alzi il tuo capitano al cielo di Milano Vincenzo Nibali, ma dopo soli cinque mesi è come se tutto questo non fosse mai accaduto. É la storia di Davide Malacarne riassunta in poche parole, un uomo di 29 anni che dopo due anni all’Astana, a costruire i successi di Aru e Nibali, sta vivendo una seconda vita da esodato, da uomo che al mattino si alza dal letto senza una propria dimensione. Abbiamo contattato Davide questo pomeriggio, al rientro dopo una mattinata trascorsa a scaricare Watt per tre ore sotto la pioggia, per farci raccontare i piani futuri e i suoi ricordi all’Astana.
Ciao Davide, da mesi si parla della tua situazione paradossale, dopo due anni all’Astana al fianco di grandi campioni come Vincenzo Nibali e Fabio Aru, al momento ti trovi senza squadra. Come vedi il tuo futuro? “Al momento sono ancora in alto mare, l’unica certezza è che non mi vedrete in un team World Tour, a novembre gli organici sono oramai definiti e sarebbe fantascientifico vedermi nella prossima stagione ai piani alti. Sto valutando ogni possibilità, anche extra ciclistica, ma sarà inevitabile un mio approdo in una squadra professional. Prenderò ciò che verrà, con la speranza di correre un buon calendario”.
Il tuo caso ha fatto emergere tutti i problemi connessi a questo ciclismo 2.0, il quale corre ad alta velocità senza guardare in faccia nessuno. Come è possibile non arginare questo fenomeno, nell’era in cui i corridori sono appesi ai loro procuratori?
“I miei procuratori sono i fratelli Carrera, dovreste chiedere a loro”.
Ti senti tradito da Vincenzo Nibali e Fabio Aru? Hai costruito anche tu i successi Astana in questi due anni. ” No, non mi sento tradito, hanno fatto le loro scelte, ho dato l’anima in questi due anni fregandomene delle ambizioni personali. Non ho mai pensato a risparmiarmi, ho sempre dato tutto senza tirarmi mai indietro; evidentemente l’onestà non paga. Lascia a desiderare il fatto d’aver ricevuto la notizia del mancato rinnovo, solamente nel mese di settembre. Tardissimo, quando già ad inizio Tour solitamente si hanno le prime sirene di mercato”.
Quali sono i momenti più belli di questa esperienza, quelli che nessuno potrà mai portarti via?
“Il Giro di Nibali quest’anno ed il Giro di Svizzera vinto di forza da Miguel Angel Lopez. Il successo di Vincenzo è partito da lontano, grazie un gruppo dedito completamente a lui. Nella prima settimana le ha prese, tutto da programma, avendo pianificato la condizione ottimale nella seconda e nella terza settimana. A metà Giro la sua forma era ottima, tuttavia le pressioni interne ed esterne lo hanno portato a sbagliare più volte tatticamente. Quando sembrava ormai tutto finito, Vincenzo molto probabilmente si è guardato dentro, e la pressione è volata via. Mi sono sentito preso in considerazione in quelle settimane, con Michele Scarponi, ago conduttore della squadra, il quale più volte oltre a confrontarsi con me, ha accettato i miei consigli”.
Ed i momenti più brutti? ” Non li chiamerei momenti brutti, ho accettato la sfida Astana consapevole di dover sacrificarmi alla causa dei miei capitani. Sono arrivato in alcuni momenti ad essere stremato, ma fa parte del gioco”.
Sei passato professionista nella Quik Step, una delle squadre più blasonate della storia. Come hai vissuto quell’esperienza?
” Una squadra organizzatissima, mai più vista una simile. Mi sono trovato benissimo, mi è mancato però un punto di riferimento, una figura in grado di insegnarmi il mestiere. Senza una guida si impiega più tempo a capire certe cose, ed io quel tempo l’ho perso, dovendo imparare tutto da solo. Il primo anno mi hanno lasciato tranquillo, ma ho raccolto ugualmente buoni risultati. Dal secondo anno invece il calendario si è fatto più interessante, ma la mononucleosi e la rottura di entrambe le braccia alla Freccia del Brabante hanno interrotto la mia stagione; ho comunque disputato poi le classiche in Belgio al fianco di Boonen alla mia prima esperienza, chiudendo nei venti alla Omloop Het Nieuwsblad e nel gruppo di testa alla Gand Wevelgem vinta da Tom”.
Hai passato due anni accanto ad un fuoriclasse come Nibali e ad un campione come Aru. Quali sono le maggiori doti di entrambi? ” Nibali ha una dote che secondo me né Froome, né Contador possiedono: Vincenzo non sta attento all’acqua frizzante, non è come loro nell’alimentazione e negli allenamenti, Vincenzo è una macchina da guerra, ha un motore che non possiede nessuno; non fa i numeri che vediamo per puro caso. La dote di Fabio è la determinazione, ma allo stesso tempo è il suo limite. Quest’anno ha toppato per questo, non tutti gli anni sono uguali. Si è trovato in difficoltà e mentalmente ha subito questa situazione dopo due stagioni oltre le aspettative, volti pagina e riparta al meglio”.
Nibali o Aru, chi è il più forte per Davide Malacarne? “Nibali“.